Dopo aver tagliato
centinaia, ma che dico, migliaia di metri di nastro tricolore, dopo aver
presenziato sorridente a tutte, o quasi, le inaugurazioni della (finta)
ricostruzione, anche dei tombini, dopo aver negato problemi, aver accusato chi
li denunciava di disfattismo, dopo che i suoi assessori hanno trattato i
terremotati da pezzenti (ricordiamo il caso di Maria Luisa Fiori ed Eleonora
Tiliacos), ora i Presidente della Regione Marche si accorge che, così, la
ricostruzione non va.
Non va, non parte,
e non sono servite le piste ciclabili, le strade rattoppate coi soldi degli sms
solidali, le grotte sudatorie. Non sono serviti i risorgimarche, le mostre d’arte
a Osimo coi capolavori terremotati, non sono servite le visite istituzionali,
le bandierine sventolate. Sta tutto fermo, e se ne accorge pure Ceriscioli.
Meglio tardi che mai.
Ma un po’ di
responsabilità ce l’ha anche la Regione, e questo Ceriscioli non lo dice. Forse
qualcosa di più di un po’ di responsabilità. Ma ora non si può ammetterlo,
giammai. Semmai è più intelligente addossare la colpa al Governo, anche se al
governo ci stanno quelli del suo stesso partito. Qui si vota tra pochi mesi, e
non c’è partito che tenga. Si rischia di perdere, e anche di brutto. E allora
eccola qua, la ricostruzione che non parte. E non è colpa mia, dice il
Presidente.
Luca
Craia