Quando si ha un problema e se ne cerca
la soluzione, seriamente intenzionati a trovarla, è chiaro che bisogni
analizzarne ogni singolo elemento, anche quando questi elementi risultano
difficili, scomodi, contrari alle nostre convinzioni o convenienze. Omettendo
anche uno solo degli elementi che compongono il problema, il rischio è che il
problema stesso non trovi soluzione.
Dico questo dopo aver letto un articolo
sulla stampa odierna in cui si torna sull’argomento della cosiddetta “babygang”
di Torre San Patrizio. Per chi si fosse perso i fatti, li riepilogo: da tempo,
una banda di ragazzini terrorizza i coetanei con taglieggiamenti, ricatti e
violenze di vario genere. La cosa è saltata fuori qualche giorno fa quando tre
bulletti, assolutamente non nuovi a queste cose, hanno aggredito un tredicenne
che, però, è riuscito a chiamare la famiglia, senza però riuscire a mettersi
totalmente in salvo, tanto che è dovuto ricorrere al pronto soccorso. L’intervento
del padre del ragazzino ha sì bloccato la violenza, ma ha anche rotto una sorta
di muro d’omertà, quella cosa vergognosa che troppo spesso fa sì che questi
fenomeni crescano. Ora si sa che il problema esiste e si sta cercando di
intervenire.
Gli elementi del problema, quindi, sono
la violenza tra i minori, l’omertà e il fatto che la banda di ragazzini
violenti sia composta interamente da piccoli Magrebini. Intendiamoci: se anziché
essere Magrebini fossero stati italiani, il problema avrebbe avuto la stessa
valenza, ma l’elemento non è trascurabile perché, purtroppo, episodi simili in
altri paesi vedono spessissimo protagonisti Magrebini italianizzati di terza o
quarta generazione. Su questo elemento, come sugli altri, bisogna ragionare.
Il politically correct, però, sembra suggerire
che questo dato vada omesso, quantomeno nella comunicazione pubblica. Ed ecco
qua che, dal giornale, sparisce il fatto che i piccoli bulli siano stranieri.
Posso capire che si stia cercando di proteggere le comunità straniere da
eventuali fenomeni di xenofobia che, comunque, fino a oggi non hanno mai dato
origine a episodi di violenza fisica, ma conseguentemente il fatto diventa
anche una vera e propria omissione che certamente non aiuta a conoscere e
risolvere il problema. Se, infatti, il fenomeno della violenza tra i giovanissimi
spesso vede protagonisti ragazzini inquadrabili in una determinata cultura, è
quanto meno probabile che ci sia un problema di integrazione con quella cultura,
e su questo occorre lavorare. Omettere il dato non aiuta certo l’integrazione,
anzi, rischia di amplificare la percezione del problema e innescare fenomeni di
reazione. E, comunque, il giornalista dovrebbe dire la verità, sempre, tutta
insieme, non solo quella che è meglio dire.
Luca
Craia