giovedì 22 agosto 2019

I bulletti di Torre San Patrizio sono tutti Marocchini. Nascondere il dato non aiuta a risolvere il problema.


Quando si ha un problema e se ne cerca la soluzione, seriamente intenzionati a trovarla, è chiaro che bisogni analizzarne ogni singolo elemento, anche quando questi elementi risultano difficili, scomodi, contrari alle nostre convinzioni o convenienze. Omettendo anche uno solo degli elementi che compongono il problema, il rischio è che il problema stesso non trovi soluzione.
Dico questo dopo aver letto un articolo sulla stampa odierna in cui si torna sull’argomento della cosiddetta “babygang” di Torre San Patrizio. Per chi si fosse perso i fatti, li riepilogo: da tempo, una banda di ragazzini terrorizza i coetanei con taglieggiamenti, ricatti e violenze di vario genere. La cosa è saltata fuori qualche giorno fa quando tre bulletti, assolutamente non nuovi a queste cose, hanno aggredito un tredicenne che, però, è riuscito a chiamare la famiglia, senza però riuscire a mettersi totalmente in salvo, tanto che è dovuto ricorrere al pronto soccorso. L’intervento del padre del ragazzino ha sì bloccato la violenza, ma ha anche rotto una sorta di muro d’omertà, quella cosa vergognosa che troppo spesso fa sì che questi fenomeni crescano. Ora si sa che il problema esiste e si sta cercando di intervenire.
Gli elementi del problema, quindi, sono la violenza tra i minori, l’omertà e il fatto che la banda di ragazzini violenti sia composta interamente da piccoli Magrebini. Intendiamoci: se anziché essere Magrebini fossero stati italiani, il problema avrebbe avuto la stessa valenza, ma l’elemento non è trascurabile perché, purtroppo, episodi simili in altri paesi vedono spessissimo protagonisti Magrebini italianizzati di terza o quarta generazione. Su questo elemento, come sugli altri, bisogna ragionare.
Il politically correct, però, sembra suggerire che questo dato vada omesso, quantomeno nella comunicazione pubblica. Ed ecco qua che, dal giornale, sparisce il fatto che i piccoli bulli siano stranieri. Posso capire che si stia cercando di proteggere le comunità straniere da eventuali fenomeni di xenofobia che, comunque, fino a oggi non hanno mai dato origine a episodi di violenza fisica, ma conseguentemente il fatto diventa anche una vera e propria omissione che certamente non aiuta a conoscere e risolvere il problema. Se, infatti, il fenomeno della violenza tra i giovanissimi spesso vede protagonisti ragazzini inquadrabili in una determinata cultura, è quanto meno probabile che ci sia un problema di integrazione con quella cultura, e su questo occorre lavorare. Omettere il dato non aiuta certo l’integrazione, anzi, rischia di amplificare la percezione del problema e innescare fenomeni di reazione. E, comunque, il giornalista dovrebbe dire la verità, sempre, tutta insieme, non solo quella che è meglio dire.

Luca Craia