mercoledì 24 luglio 2019

Di Maio cambia idea sui due mandati. Nasce il “mandato 0”. Rifarsi le regole una volta capito che sono stupidaggini.


Io li capisco, i Cinquestelle. Hanno un’ansia estrema di rinnovare, di fare qualcosa di diverso di fronte all’evidente fallimento della politica “tradizionale” che per forza commettono errori. Secondo loro è tutto sbagliato, è tutto da rifare, e in questo tutto ci mettono proprio tutto, anche quello che, magari, da rifare non sarebbe. La faccenda dei due mandati e a casa è la dimostrazione lampante di come darsi certe regole senza ragionarle troppo spesso ti si rivolta contro.
Se uno fa bene un determinato lavoro, non si capisce perché lo debba fare per un determinato periodo e poi basta. Un buon idraulico è bene che faccia l’idraulico e non cambi mestiere ogni dieci anni. Un buon avvocato, onesto, dovrebbe fare l’avvocato e non andare a fare l’idraulico perché il periodo di fare l’avvocato è scaduto. Fare politica dovrebbe essere un lavoro serio. Un lavoro. Ecco, i Cinquestelle fanno fatica a capire il concetto di politico professionista; secondo loro, chi fa politica come professione come minimo ruba. Sbagliato: c’è gente che ha fatto politica tutta la vita e ha fatto bene, non ha rubato e ha portato vantaggio alla collettività.
Secondo loro, invece, la politica è un servizio e va fatto per un po’ di tempo e non più. Che sia un servizio, è vero, che vada fatto per un po’ e non più è una stupidaggine. Se uno lavora bene da politico, faccia il politico tutta la vita e Dio ce lo conservi a lungo.
Se ne sono improvvisamente accorti una volta che al potere ci sono arrivati loro. Gli succede, quando vengono eletti, che si accorgano di aversi fatto delle regole che, sostanzialmente, sono stupide e senza senso.  Se ne è accorto Di Maio, e meno male. Solo che, dire che ci si è sbagliati, è cosa faticosa, antipatica. Allora che fa, il nostro Giggino? Si inventa il mandato 0. I mandati non sono più due e poi a casa, ma ne aggiungiamo un terzo, che però non contiamo, così on c’è bisogno di rifare la regola e dire che si è sbagliato. La motivazione è che è un peccato disperdere l’esperienza. Evviva, l’ha capito. Ma se i mandati sono tre anziché due, l’esperienza la disperdiamo lo stesso. Non sarebbe meglio dire: ci siamo sbagliati, scusate?

Luca Craia