Cosa c’entra Notre Dame col terremoto?
Niente, proprio niente. E proprio per questo, recriminare sul fatto che ci sia
tanto interesse mediatico, politico e di solidarietà per la ricostruzione della
cattedrale parigina dopo il devastante incendio dell’altro giorno, oltre a
essere puerile, è controproducente. Nessuno impedisce ai potenti, agli
imprenditori, ai politici e alla gente comune di sentire un moto di solidarietà
verso i Parigini e di voler contribuire a un veloce recupero di un immenso
patrimonio dell’umanità e, nel contempo, di provare la stessa empatia per i
terremotati e per il Centro Italia che da tre anni aspetta risorse ma,
soprattutto, decisioni che facciano partire la ricostruzione post sisma.
Una cosa non esclude l’altra, è
lampante. Così come è lampante, ormai assodato, che la ricostruzione non
ripartirà, che si saranno ampie zone che non verranno ricostruite, che si vuole
gran parte del territorio colpito dal terremoto desertificato e privo della
vigilanza della popolazione. Ma in tutto questo Notre Dame non c’entra nulla, e
continuare col pianto disperato da dietro a una tastiera serve solo ad
allontanare la causa dei terremotati dal comune sentire, dalla sensibilità dell’opinione
pubblica, fornendo ulteriori alibi a chi ha deciso per il mutamento radicale
della società terremotata.
I terremotati sono arrabbiati, ci
mancherebbe altro, ma finora hanno dimostrato una totale incapacità di
aggregazione, di formare un fronte comune. Ed è questo il problema principale:
ci si lamenta ma non si agisce o si agisce male. E si sbagliano gli obiettivi,
come in questo caso. Notre Dame, i Francesi, chi vuole essere di aiuto per la
cattedrale, non c’entrano niente con la politica che sta condannando il centro del
Centro Italia alla desertificazione. Continuando a sbagliare mira, si dà
campo libero a chi persegue questo obiettivo, che si frega le mani insieme a
chi, anche tra gli stessi terremotati, col terremoto ha trovato un’occasione.
Luca
Craia
Foto: Corriere.it