C’erano una volta i comunisti di Montegranaro. Erano tanti,
facevano le barricate per difendere i diritti dei lavoratori, votavano e
vincevano le elezioni da soli per poi governare il paese, avevano una sezione
attiva, piena di gente e di iniziative e, quando facevano la Festa de L’Unità,
c’era una folla che manco alla fiera di San Serafino.
A margine dei ragionamenti sull’elezione del nuovo Segretario
Reginale di quello che fu il PCI, di cui abbiamo già dato conto (leggi l’articolo),
ci sono i numeri dei partecipanti alle elezioni interne al partito, elezioni a
cui hanno potuto partecipare solo gli iscritti. E a Montegranaro questi numeri
dovrebbero far riflettere, perché a votare sono stati soltanto in 80 e questo è
un numero che avrebbe dell’incredibile per il partito dell’epoca del Sindaco
Delmaide Lelli, quello del momento più florido per la sinistra montegranarese.
Che il PD si stia sfaldando a livello nazionale è un dato di
fatto, ma a Montegranaro la situazione sembra essere ancora più grave e parte
da lontano, dalla rottura con un’ala del partito, quella rappresentata da
Fausto Franceschetti, i cui effetti non sembrano sanarsi nemmeno con l’annunciata
candidatura del figlio di Franceschetti, Andrea, che potrebbe preludere a un
ritorno di feeling con una parte del partito che non sembra comunque aver
trovato altre collocazioni definitive. Ma la storia recente, con la segreteria
di Roberto Basso prima e di Laura Latini poi, parla di una sezione in fin di
vita, con i locali in vendita, il nulla come proposte, l’assenza di forze nuove
come la sezione giovanile, presente e forte fino a pochi anni fa.
Alle feste de L’Unità non ci va più quasi nessuno, e nemmeno
i manicaretti di Renzo, unica cosa immutata nel tempo, riescono ad attrarre
pubblico. Alle iniziative, poche, non partecipa nessuno tanto da doverle
annullare. E ora questo dato, un dato davvero brutto, che segna come il Partito
che fu di Delmaide e dei lavoratori, il partito che a Montegranaro era il più
forte, oggi sia ridotto al lumicino. Questo non vuol dire che non prenda voti,
i voti si prendono anche per altri motivi, ma l’organizzazione è stata
smantellata, la struttura non c’è più, e manca evidentemente il radicamento con
la gente che era la forza del PCI. Di tutto questo, però, non sembra che a
Palazzo Francescani se ne accorgano o, se se ne accorgono, sono bravi a non
darlo a vedere.
Luca Craia