martedì 23 ottobre 2018

Mentre il distretto calzaturiero si sbriciola, andiamo a vendere gli accessori in Albania


È emblematico (e anche un po’ terrificante) l’evento organizzato dall’Unione Stilisti Marche, la Poliarte Design di Ancona, il centro UUSM e l’università di Tirana per promuovere lo stile italiano negli accessori per calzature. È emblematico perché indica chiaramente come siano cambiate le cose per il comparto trainante dell’economia delle Marche del sud, un comparto che ha smesso di trainare già da un po’, con buona pace della classe dirigente che sembra non essersene nemmeno accorta e ancora non si pone seriamente il problema.
Infatti la serata di gala di cui sopra non è stata organizzata, che so, nel cuore del calzaturiero o ad Ancona o a Milano, capitale della moda italiana, bensì proprio a Tirana. Questo perché le aziende italiane che producono accessoristica per calzature vogliono promuovere il loro prodotto nel nuovo mercato albanese in piena espansione. Insomma, mentre gli utilizzatori nostrani degli accessori per calzature, quei maestri artigiani e quegli industriali che hanno dato lustro e ricchezza, in passato, al nostro territorio, stanno come d’autunno sugli alberi le foglie (almeno quelli che ancora ci stanno, sugli alberi), come è giusto che sia chi produce e vende materiali per fare scarpe va a cercarsi nuovi clienti, e li va a cercare propri là dove un tempo gli Italiani andavano a produrre a basso costo, sfruttando manodopera più economica, rendendosi più competitivi nell’immediato ma creando quello che vediamo oggi: nuovi distretti che si sono mangiati i nostri.
Si è sempre detto che è l’economia, che è il progresso, la globalizzazione. E mi sta bene, ma si poteva proteggersi un po’; e se non lo capiscono gli imprenditori, che si stanno suicidando, quantomeno chi governa cerchi di impedirlo. Altrove lo fanno, da noi non si può. Il risultato è che oggi le scarpe si fanno in Albania (e in un sacco di altri posti che non sapevano nemmeno come era fatta una scarpa finchè non siamo andati noi a insegnarglielo) e gli Italiani, i Marchigiani, vanno a vendergli gli accessori. È il progresso, baby.

Luca Craia