martedì 4 settembre 2018

Vittime della politica del nulla, omicidi di Stato.


Ennesimo suicidio di un terremotato, nelle Marche. Sono stato combattuto fino ad adesso, nel dubbio se parlarne o no. Io ne parlo esprimendo il mio punto di vista, non per dare la notizia, perché a questo ci pensano i giornalisti. Ma, ogni volta che espongo il mio punto di vista di fronte a drammi come quello di un uomo che si uccide per disperazione, dopo che il terremoto formalmente, ma nella realtà burocrazia e politica, gli hanno tolto tutto, vengo accusato di sciacallaggio, di cercare i click per farmene chissà che cosa, di puntare alla visibilità. Ho deciso che non mi importa, che mi si accusi pure, tanto gli accusatori sono essi stessi complici del sistema che genera queste sciagure.
La notizia l’avete già letta, immagino: un anziano di San Ginesio si è tolto la vita, si è attaccato a una trave della sua rimessa, adiacente alla casa per la quale aveva lottato una vita e che gli è stata tolta, dicevamo, dal terremoto. Sì, dal terremoto, ma anche da due anni di niente, due anni trascorsi a parlare di ricostruzione senza fare la ricostruzione.
Sono tanti, purtroppo, i casi come questo. Non sono casi che possono rientrare facilmente nelle statistiche perché i veri motivi per cui un uomo si toglie la vita li sa soltanto lui, sempre che li sappia. Ma i terremotati che si sono uccisi sono purtroppo molti, e qualche domanda credo sia giusto porsela. Me la pongo io, che non posso fare niente o quasi niente se non mettere a disposizione il mio piccolo talento per dare voce a chi vuole dire qualcosa ma non ha lo spazio per farlo, ma se la dovrebbe porre soprattutto chi riveste ruoli di responsabilità, a chi continua a raccontarci che va tutto bene, che ci sono cantieri dappertutto e che le Marche stanno risorgendo. Ebbene, risorgere non mi pare proprio il termine adatto.  


Luca Craia