Oggi è una data importante, a Fermo e per Fermo. Oggi
possiamo segnare il numero in rosso sul calendario perché oggi salutiamo
finalmente il ristabilimento della giusta dimensione delle cose per quanto
riguarda la tragedia di Emmanuel Chidi, il Nigeriano ucciso per una stupida
lite innescata dal Fermano Amedeo Mancini ormai due anni fa. A ristabilire l’equilibrio
è nientepopodimeno che don Vinicio Albanesi, proprio quel don Vinicio che due
anni fa salì sugli scudi gridando a tutto il mondo il razzismo di Fermo e dei
Fermani, chiamando a Fermo televisioni, giornali e tutta la nomenclatura del
potere di allora a fare la parata lacrimevole a favore di telecamera. Oggi
finalmente don Vinicio torna sulla terra e cerca di riportare le cose al livello
a cui dovrebbero e sarebbero dovute sempre stare.
È sacrosanto il cordoglio per la morte di un uomo,
soprattutto per la morte violenta che quest’uomo ha dovuto subire e per il
fatto che, non avesse incontrato Mancini e la sua tracotanza violenta purtroppo
tanto diffusa in certi ambienti che si autodefiniscono sportivi, oggi sarebbe
ancora vivo. Questo però era evidente anche due anni fa. L’errore di due anni
fa è stato di voler ingigantire la questione e di volergli dare un rilievo e un
significato che non c’entravano nulla. E tutto questo è stato fatto sulle
spalle e sulla pelle di Fermo e dei Fermani, diventati per tutto il mondo
popolo razzista in una città razzista, titoli del tutto immotivati e immeritati.
Un errore peraltro protratto nel tempo nella perseveranza
del Comitato 5 Luglio che non ha mai smesso di dare valenza politica alla triste
storia dell’uomo nigeriano e del suo carnefice, facendone un cavallo di
battaglia anche in Consiglio Comunale fino alla recente bocciatura della
richiesta di installazione di una targa in memoria del fattaccio nel luogo del
fattaccio, targa che è stata vista dai più come un’imperitura accusa all’innocente
città di Fermo.
Don Vinicio oggi prende le distanze da tutto questo e
vuole riportare tutta la faccenda nei termini del dolore umano e della
solidarietà con le vittime, ivi compresa la vedova dell’ucciso. Giusto e
condivisibile, ma andava fatto fin da subito, senza montare tutto il perverso
meccanismo che ha messo alla berlina internazionale un intero territorio. Un
chiudere la porta della stalla di buoi che sono emigrati all’estero, ma pur
sempre un apprezzabile rinsavimento. Meglio tardi che mai. Ora attendiamo quello
degli altri attori della vicenda, quelli della politica locale e dell’utilizzo
politico di ogni cosa, come va di moda adesso. Ma per questo, le speranze sono
flebilissime, non tutti sono intelligenti come don Vinicio.
Luca Craia