sabato 21 gennaio 2017

Polo commerciale cittadino al centro commerciale. La strana idea moderna di commercio




Come ti svuoto il centro e mando tutti al centro commerciale. È la nuova politica dei comuni italiani, quella di incentivare l’apertura e il potenziamento dei grandi centri commerciali. È una politica che produce due effetti: crea poli commerciali di grande attrattiva e svuota i centri storici. È successo ovunque: a Civitanova Marche il mostro commerciale rappresentato dal Cuore Adriatico ha massacrato corso e vie centrale della città, con conseguenze pesanti anche sui centri limitrofi. A Macerata esiste lo stesso fenomeno a causa dell’Auchan, a Fermo il centro sta reagendo solo ultimamente dopo anni di desertificazione a vantaggio dell’Oasi di Campiglione. L’Auchan di Porto Sant’Elpidio rappresenta un caso particolare perché a cavallo sul confine tra il Comune che lo ospita e quello di Civitanova Marche.
Leggo oggi sul Corriere Adriatico della soddisfazione del Sindaco Franchellucci per l’apertura di un nuovo punto vendita all’interno del centro commerciale e mi domando il perché di questa soddisfazione. Qual è il vantaggio per la città, a parte l’introito fiscale che deriva dalle attività all’interno dell’Auchan? Il centro di Porto Sant’Elpidio, come quello di Civitanova, di Macerata, di Fermo, e di tutti i piccoli centri dell’entroterra che gravitano attorno a queste città servite da grandi centri commerciali hanno ripercussioni negative dalla presenza degli stessi. La gente si affolla in questi enormi capannoni, specie durante il fine settimana, e così la vita in città si spegne, i centri muoiono, il commercio sparisce.
Le conseguenze sono economiche, evidentemente, ma anche sociali. I centri svuotati, privi di attività, perdono valore, gli immobili si svalutano. La vita sociale e culturale dei nostri paesi soccombe davanti alle sfavillanti luci dei centri commerciali. Così si genera degrado urbano. Così si uccide il senso di comunità. I cittadini imbambolati nei grandi corridoi illuminati, storditi da luci e musiche il filodiffusione, passano il tempo libero in un limbo astratto e, intanto, il centro si spegne.
È una politica dissennata o c’è una strategia? Non so dirlo con certezza ma il fenomeno e diffusissimo e non registro inversioni di tendenza. I Comuni fanno cassa autorizzando la costruzione e l’apertura di queste mostruosità e sembrano non rendersi conto delle conseguenze funeste nel lungo periodo per le città che amministrano. Forse è troppo tardi per iniziare una politica inversa, che contrasti la proliferazione di questo fenomeno.  Ma una soluzione, più blanda, forse c’è e passa attraverso le chiusure domenicali dei centri commerciali, ridando vita ai centri storici e, diciamolo, anche ai dipendenti dei tanti negozi chiusi in quegli scatoloni, dipendenti i cui diritti sindacali sono bellamente ignorati da tutti, sindacati compresi.  Ma chissà se gli amministratori pubblici se ne rendono conto.
                                      
Luca Craia

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