sabato 18 settembre 2021

Non c’è turismo senza centro storico, non c’è centro storico senza turismo.


Non si può pensare a fare turismo a Montegranaro se non si ha un progetto di recupero totale del centro storico. Allo stesso tempo, non si può pensare a un progetto di recupero per il centro storico senza inserirlo in un contesto di promozione turistica. Sono due parti dello stesso problema, sono l’uno la soluzione dell’altro. È impensabile fare turismo a Montegranaro con un centro storico ridotto com’è. Il turismo che dobbiamo intercettare è un turismo colto, che cerca beni culturali e cultura, e lo fa esplorando i centri storici, visitando siti ma anche scoprendo vicoli e scorci: è un turismo che vuole girare in castelli ordinati, puliti e attrezzati di servizi e attività commerciali.

Ed è questo turismo a innescare quell’economia che fa da volano all’investimento privato che salverà il centro storico. Il privato arriva e investe laddove ci sia remuneratività. Con turismo c’è remuneratività: bed and breakfast, taverne, piccoli locali di ristoro ma anche artigiani, commercio specialistico, servizi alla persona. Tutto questo nasce e prospera se c’è turismo ma non c’è turismo se non c’è tutto questo.

Detto così sembra un circolo vizioso e in effetti lo è. L’unico modo per uscirne è l’intervento del pubblico: occorre che il Comune finalmente investa in maniera programmata nel centro storico e, nel contempo, attui politiche territoriali di promozione turistica. Un piano quinquennale di investimenti programmati atti a intervenire sul patrimonio edilizio privato e pubblico e sull’urbanistica generale, nonché incentivi seri per chi apra nuove attività e convenzioni mirate per il credito è l’unica strada per innescare il processo. In cinque anni si avrebbe un centro storico rimesso a nuovo.

Contemporaneamente bisogna operare sul territorio, costruendo reti di enti e operatori che si occupino della promozione dei beni  e dei siti, tramite azioni di marketing mirate e la creazione di percorsi e itinerari. A completare il tutto serve la creazione di un gruppo di persone remunerate (penso a studenti universitari) che funzionino da presidio per i beni stessi in funzione dell’accoglienza. Il tutto va coordinato da un perno di natura politica ma che abbia reali e concrete conoscenze tecniche ed esperienze di settore, certamente non la solita nomina lottizzata come è avvenuto fino a oggi.

Il discorso è molto più ampio e articolato, e qui ho fornito solo una bozza di come si può e si deve intervenire, ma credo sia chiaro che, in questo modo, si possa innescare un circolo virtuoso che in breve tempo generi una nuova economia seria sul turismo, certamente non in sostituzione dell’industria manifatturiera ma implementante l’economia generale del territorio.

Questo discorso ho iniziato a farlo da tempo, e sono ovviamente a disposizione di chiunque vincerà le prossime elezioni per collaborare alla realizzazione di questo progetto, anche se non nascondo le mie perplessità relative a quanto leggo nei programmi elettorali, in particolar modo quello della Mancini che sembra ancora non aver ben presente nemmeno dove sia il centro storico, confondendolo con viale Gramsci e largo Conti. Nel programma di Ubaldi ci sono elementi più confortanti ma ancora siamo lontani da una reale presa di coscienza dei problemi e di come affrontarli non solo per risolverli ma anche e soprattutto per trarne benefici diffusi a tutta la comunità cittadina.

 

Luca Craia

 

Covid a Montegranaro. Il punto sulla situazione.


A Montegranaro la pandemia non è finita, come non lo è nel resto d’Italia, ma i dati sono confortanti in quanto i casi sono in lenta diminuzione così come le quarantene, segno che la vaccinazione e il buon senso della gente comune stanno dando risultati che speriamo rimangano almeno stabili nel tempo. A oggi i casi di positività tra i cittadini di Montegranaro risultano essere 14, mentre ce ne sono 23 in quarantena. Si va verso la stagione fredda e sappiamo che questo non aiuta. Aiuta proseguire nel prestare la massima attenzione e vaccinarsi.

 

Luca Craia

 

venerdì 17 settembre 2021

Domenica la Sutor giocherà la sua quinta amichevole stagionale a Porto Recanati.


Gli impegni si intensificano in vista dell’inizio del campionato fissato per domenica 3 ottobre in casa contro Jesi. Domenica, la Sutor Basket Montegranaro giocherà la sua quinta amichevole in trasferta sul campo del Porto Recanati contro l’Attila Junior (squadra di C Silver), allenata dall’ex Nicola Scalabroni, alle ore 18.00.

Tornando all’ultima amichevole dei gialloblù con la Robur Osimo, abbiamo provato a fare il punto della situazione.

Coach Massimiliano Baldiraghi, che gara è stata quella con Osimo?

“E’ stata una partita che non siamo riusciti ad interpretare nel modo giusto. Il fatto di aver perso Galipò dopo pochi minuti per noi è stato un problema. Abbiamo provato a proporre qualche cosa di nuovo sia in attacco che in difesa, qualcosa è andata bene, altro meno. Siamo stanchi, ci sta in questo momento e fa parte del lavoro ed avere le gambe pesanti in questo momento poi non riesce a farci esprimere al meglio. Sappiamo di dover essere pronti per il 3 ottobre e per quella data, la squadra dovrà essere preparata al meglio per l’inizio del campionato”.

Contro Osimo per la prima volta hai potuto schierare Korsunov, quanto sarà importante questo giocatore nell’economia della squadra?

“Molto importante e sono contento di averlo visto in campo dopo aver svolto pochi allenamenti. Spero che possa essere recuperato al più presto anche a livello fisico perché ha pochi allenamenti nelle gambe. Sono convinto che ci darà una grossa mano”.

Siete ancora alla ricerca di un ala/pivot, come sta procedendo questa operazione in entrata?

“Siamo sempre molto attenti sul mercato e in attesa di avere l’occasione giusta. Se ci sarà, la prenderemo al volo”.


Ufficio Stampa

Sutor Basket Montegranaro


Il nostro passato può essere il nostro futuro. Recuperiamo la nostra cultura.

Stamattina presto, passando per strada, ho visto una finestra illuminata in una casa, in uno di quei locali al livello della strada che una volta ospitavano i nostri laboratori artigiani, quegli stanzoni posti al piano terra dell’abitazione del calzolaio montegranarese dove si lavorava dalla mattina presto alla sera tardi. È un ricordo non troppo lontano, di quando ero molto più giovane e vendevo pellami andando per calzaturifici a proporre il mio campionario. Fermavo la macchina nella parte centrale di una strada e poi me la passavo tutta, porta porta, perché a ogni casa corrispondeva un laboratorio artigiano.

Dietro quelle finestre coi vetri stampati e stretti sorretti da montanti di ferro, c’erano intere famiglie di calzolai: il padre che tagliava le pelli, la madre che cuciva o scartava, il figlio che ci dava di spazzola. Un paio di operai, una ragioniera che spesso era un’altra figlia, di sangue o acquisita, il tutto illuminato da luci al neon un po’ ingiallite a rischiarare quell’aria odorosa di pelle e di mastice. La radio accesa, i rimbrotti del capo famiglia, le taglienti risposte della moglie e i sorrisi malcelati dei figli, quando non rispondevano male.

C’erano le famiglie, in quei laboratori, che lavoravano spalla spalla da mattina a sera per mantenersi e costruire un futuro. Famiglie unite, coese, legami forti e indissolubili. C’era tutto il sapere di un territorio, un’arte antica di secoli che si tramandava di generazione in generazione, l’arte di fare con le mani e pochi attrezzi una cosa meravigliosa come la scarpa. C’era una cultura basata sul valore del lavoro, del sacrificio e dell’onestà. C’era una ricchezza fatta di giusti guadagni ma anche di valori umani forti e radicati.

Oggi, di quelle finestre illuminate al piano terra delle case, ce ne sono poche, pochissime. Con i neon, si è spenta quella cultura, quel sapere, quel mondo ormai antico e superato dal progresso e dall’economia moderna, sempre più fondata su cose ben diverse dal lavoro e dal valore delle cose fatte con le mani dagli uomini. Abbiamo perso quel patrimonio, dissipato per colpa di scelte sbagliate, di scarsa lungimiranza, di incapacità nel fare evolvere quel sistema che si chiamava “distretto calzaturiero” che pure faceva scuola e veniva preso da esempio in tutto il mondo. Non voglio parlare ora dei motivi per i quali questo è avvenuto: è una questione lunga e, se vogliamo, dolorosa.

Vorrei però ragionare su quei valori. Perché quei valori, ne sono convinto, non li abbiamo persi. La capacità al lavoro e al sacrificio, la creatività, l’impegno, l’idea di piccola impresa familiare che funziona in quanto tale ce li abbiamo nel sangue. Così come la cultura calzolaia, il sapere antico che ci faceva fare le scarpe più belle del mondo. Tutto questo va recuperato per costruire una nuova economia, basata sul turismo e sulle nostre radici. Ovviamente serviranno altri settori, altre attività, servirà inventarsi o importare aziende e lavoro per mantenere vivo il territorio. Ma la nostra cultura non va dimenticata e, soprattutti, va utilizzata per creare nuova ricchezza, in maniera diversa rispetto al passato, ma con la stessa efficacia, con la stessa forza. Quella forza che faceva di questo territorio uno dei più prosperi e dinamici del mondo.

 

Luca Craia