mercoledì 31 gennaio 2018

Terremoto e culto dei defunti: una società che rinnega se stessa, la volontà di far morire le comunità.




La cultura occidentale, come del resto quasi tutte le culture umane, basa la codificazione della comunità sul culto dei defunti. Le testimonianze dei popoli italici ci arrivano tramite le sepolture che, quasi sempre, hanno resistito al tempo meglio dei villaggi e delle città, raccontandoci, oltre che la storia, di un rispetto profondo e assoluto per i morti, simbolo delle nostre radici oltre che affetti mancati. Il rispetto per i defunti è da sempre uno dei legami fondamentali delle società, delle culture e delle comunità.
Per questo, oltre all’orrore nel vedere lo sfacelo dei cimiteri terremotati, distrutti dal sisma da un anno e mezzo e, da allora, abbandonati all’incuria e alle intemperie, sale lo sconforto della consapevolezza di come la nostra società abbia perso i suoi punti di riferimento, i propri valori, il proprio sentire comune. Una società che non rispetta i propri morti è una società che ha tagliato le proprie radici e, senza radici, le piante muoiono.
Certo, la priorità è sempre e comunque per i vivi e, nella fase della prima emergenza, è stato naturale non pensare a mettere in sicurezza i camposanti. Ma l’emergenza avrebbe già dovuto finire da molto tempo, e occuparsi dei cimiteri, di quelle bare scoperte, esposte a ogni sfregio, non doveva essere cosa insormontabile né costosissima. Ma sarebbe stato un segnale di attenzione, una testimonianza di volontà di preservare integre quelle comunità colpite dalla forza della natura. 
Invece, dopo un anno e mezzo da quando la terra ci ha ricordato quanto sia caduca la nostra esistenza, non si è ancora mosso niente. Si è fatto poco per i vivi e nulla per i morti, ma non facendo nulla per i morti si aggiunge un ulteriore tassello al sospetto, ormai somma di indizi, che non ci sia alcuna volontà di ripristinare le comunità, di farle tornare alla loro normalità. Sono state tagliate le radici, la comunità muore.

Luca Craia


martedì 30 gennaio 2018

ZAFFIRI: URGENTI MISURE A FAVORE DEL SETTORE VONGOLE



Comunicato integrale

Una delegazione del COGEVO di Ancona è stata ricevuta oggi dal Presidente del Consiglio, dagli altri componenti dell'Ufficio di Presidenza e dai Presidenti dei Gruppi.
Il Presidente Lepretti ha evidenziato la spinosa situazione del settore delle vongole e l'esasperazione degli operatori, dovuta alle gravissime difficoltà economiche che si ripercuotono sulle loro famiglie, il cui reddito si è azzerato. Problemi economici che in alcuni casi hanno comportato anche il pignoramento dei beni da parte delle banche.
Il Presidente del Gruppo Lega Nord Marche Sandro Zaffiri sostiene che non si può più attendere, ormai il tempo è scaduto, anche la pazienza della categoria ha un limite e occorrono quindi degli interventi immediati di sostegno al reddito.
Questa maggioranza deve passare ai fatti perchè non può più essere latitante e sorda di fronte ad un problema che coinvolge tantissimi operatori della pesca e che doveva essere risolto ormai da anni.


Capogruppo Lega Nord Marche
Sandro Zaffiri

RIFORMA NAZIONALE SUI GIUDICI DI PACE ED ONORARI: APPROVATA MOZIONE REGIONALE DI FRATELLI D'ITALIA PER IL RICONOSCIMENTO DI ALCUNI DIRITTI DEI MAGISTRATI ONORARI.



ELENA LEONARDI: SODDISFAZIONE PER UN ATTO CHE CHIEDE DI COLMARE UNA LACUNA DELLA LEGGE NAZIONALE IN MATERIA.

 

Comunicato integrale

 Approvato oggi nell’Aula del Consiglio Regionale la mozione a firma Elena Leonardi, capogruppo di Fratelli d'Italia, sulla Riforma complessiva della Magistratura di Pace ed Onoraria. L’atto, depositato qualche mese fa e integrato nei giorni scorsi ha sollevato un delicato problema: quello del mancato riconoscimento ai magistrati onorari dei diritti maturati per le funzioni svolte in tanti anni di servizio.
L'intervento della Leonardi è motivato dal fatto che da oltre 25 anni i Giudici di Pace, istituiti con legge n. 374/1991, i Vice procuratori Onorari ed i Giudici onorari di Tribunale mandano avanti la Giustizia Penale e Civile in Italia, gestendo oltre il 50% del contenzioso, in sede giudicante e requirente. Ora, la Riforma citata, spazzerebbe via questo sistema, andando nel  senso peggiorativo per lo status e l'attività della Magistratura di Pace ed Onoraria, non riconoscendo ai Magistrati in servizio i quattro mandati quadriennali imposti dalla delega.
I decreti applicativi riducono l'utilizzo dei Magistrati  di Pace ed Onorari ad una sola udienza alla settimana, con conseguenti inevitabili rallentamenti del sistema giudiziario discapito del servizio da rendere ai cittadini.
Contestualmente c’è anche una ricaduta sulle condizioni lavorative e remunerative di questi soggetti, con obblighi contributivi integralmente a loro carico aumentando pertanto anche il precariato.
La Leonardi nella sua mozione ricorda esplicitamente quanto il Comitato Europeo per i diritti sociali del Consiglio d'Europa ha stabilito: vale  a dire che l'Italia deve assicurare ai magistrati onorari una remunerazione ragionevole in caso di malattia, di maternità, o paternità e il pagamento di una pensione correlata al livello di remunerazione, stabilendo anche la natura discriminatoria dell'attuale inquadramento della magistratura ordinaria. 
La rappresentante regionale del partito della Meloni evidenzia l’intenzione di questa mozione di colmare una lacuna della Riforma Orlando che dovrà essere portata all’attenzione del futuro Governo ma soprattutto coinvolgendo i parlamentari eletti nei collegi marchigiani. Esprimo soddisfazione – prosegue Elena Leonardi – per l’unanimità ricevuta al momento del voto facendo si che anche le Marche, come altre regioni, possano sollecitare le istituzioni nazionali nel sanare queste differenze.
Ricordo che le figure dei Magistrati Onorari e dei Giudici di Pace – evidenzia Leonardi -   stanno garantendo il funzionamento della macchina giudiziaria che è congestionata da una elevatissima mole di processi.


Basso si discolpa. Nessun accenno ai lavoratori in difficoltà. Dimentichiamo il partito dei più deboli.



Solo una nota a margine della diatriba tra il Gruppo Consiliare di Viviamo Montegranaro e l’assessore all’ambiente Roberto Basso: mentre l’allarme sciopero dei lavoratori della “Mondolfo Ambiente” sembra rientrare, rimane la certezza (almeno in me) che qualcosa non vada nel rapporto tra datore di lavoro e dipendenti. La certezza proviene dal fatto che non si fa tanto polverone per quindici giorni di ritardato pagamento. Mi pare logico pensare che la presa di posizione forte dei lavoratori sia imputabile a un malessere generale che pure si respira con una certa evidenza.
È triste, quindi, constatare che l’assessore Basso, nonostante appartenga alla sedicente sinistra, quella che una volta tutelava le classi più deboli, nonostante sia stato egli stesso segretario cittadino di quel partito che fu guidato da personaggi come Enrico Berlinguer o Pietro Ingrao, nonostante appartenga a una coalizione di governo che stabilisce i bilanci del Comune in concordia con la CGIL, si sia preoccupato di tutto meno che delle condizioni di lavoro dei dipendenti interessanti dalla vertenza.
Basso si è discolpato o, almeno, ha cercato di farlo carte alla mano. Ma non ha accennato minimamente a qualche tipo di preoccupazione, di interesse, di solidarietà verso questi lavoratori che, con ogni evidenza, vivono una situazione di disagio. Io credo che, non solo umanamente, ma anche politicamente l’assessore competente dovrebbe avere come prioritario il benessere dei cittadini, oltre che l’espletamento corretto dei servizi a lui imputabili, espletamento che, peraltro, tanto corretto non è. Ma, evidentemente, i tempi sono cambiati, è diventato più interessante difendere ben altre classi deboli e i vari Berlinguer e Ingrao rimangono solo nei ricordi di qualcuno, probabilmente non in quelli di Basso.

Luca Craia