venerdì 1 settembre 2017

Palazzo Francescani puntellato. Ma il terremoto c'è stato un anno fa.



Hanno messo i puntelli a Palazzo Francescani, a Montegranaro. Hanno tolto l’impalatura e messo i tiranti con le puntellature in legno. È una messa in sicurezza molto più efficace di un’impalcatura, perché se un muro casca, è ragionevole pensare che si possa portare dietro anche l’impalcatura che ha addosso. Bene, quindi, che finalmente si sia messo in sicurezza il palazzo con un sistema più efficace.
Ma il terremoto c’è stato l’anno scorso, non una settimana fa. Se hanno messo i puntelli è perché era necessario. Ma era necessario anche un paio di mesi fa, quando piazza Mazzini era piena zeppa di gente, quando viale Gramsci era pieno zeppo di gente. Sotto palazzo Francescani, durante Veregra Street, ci sono passate migliaia di persone. Ma i puntelli arrivano solo ora.

Luca Craia

Il business dell’emergenza e i marpioni della solidarietà



Brucia il verde italiano in un enorme falò estivo. Crolla il cuore dell’Italia sotto i colpi di un terremoto infinito. E tutto diventa business. Il fuoco parte dal business, ormai si è capito. Il fuoco non si accende da solo, lo accendono le persone, e lo fanno non solo perché qualcuno è talmente matto e scemo da farlo, ma anche e soprattutto perché col fuoco si fanno i soldi, e poco importa se si uccidono persone, se si sterminano animali, se si compromette irrimediabilmente l’ecosistema di un intero Paese. Contano i soldi.
Il terremoto viene da sé, ma c’è che è pronto, il giorno dopo, a fare il suo business. Come si fa il business col terremoto? Ci si infila nei comitati dei terremotati, si fa un po’ di solidarietà, ci si mette bene in mostra, si fanno foto, video, si aprono gruppi su Facebook, si creano associazioni. E tutto perché, poi, c’è da fare business, perché c’è il parente, il familiare, l’amico, il compagno di partito che fa il tecnico e deve lavorare o perché, magari, poi ci sarà da spartirsi i soldi degli eventi culturali o delle tante iniziative che si prenderanno più che altro per accontentare questi personaggi, che sono tanti e ben introdotti politicamente.
Ecco, questa è l’Italia. Ecco perché a ogni emergenza segue un’altra emergenza. Si vive di emergenze, e si plaudono questi personaggi che nell’emergenza pascolano.

Luca Craia

(foto dal web)

Pescara non c’è più. Il paese degli uomini non si può ricostruire quando lo distruggi.



“Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti” dice Cesare Pavese in La Luna e i Falò. La rileggo e penso a Pescara del Tronto. Da Pescara non puoi più andartene, perché Pescara non c’è più. A Pescara non puoi che essere solo perché a Pescara non c’è più nessuno, nemmeno tu. Non ti aspetta più nessuno, a Pescara.
Pescara non si può più ricostruire, sarebbe inutile, verrebbe giù di nuovo. Non si può più tornare in quel paese, il paese non c’è più e non ci sarà mai più. Ma non c’era già più da quel 24 agosto, quando la gente è stata dispersa in camping, hotel, residence, quando la comunità è stata disgregata ed è scorsa via tra mille rivoli. È quello che è accaduto in tanti piccoli borghi colpiti dal sisma: il paese è stato distrutto, prima dal terremoto, e poi da decisioni sbagliate che hanno sbriciolato i tessuti sociali.
Perché un paese non è soltanto fatto di case, è una cosa molto più complessa, fatta di relazioni umane, amicizie, parentele, simpatie e antipatie, collaborazioni, intese, incontri, scontri, odi e amori. Le case, se non le puoi ricostruire dov’erano, le puoi fare altrove, più a valle, più a monte, un po’ più in qua o un po’ più in là. La comunità, quando l’hai distrutta, non la ricostruisci più.

Luca Craia