giovedì 28 novembre 2019

Montegranaro: preoccupazione per l’assessore all’ambiente. C’è ancora?


Sono molti i Montegranaresi che, in questi giorni di caos nella raccolta differenziata, si stanno preoccupando per la scomparsa dell’Assessore all’Ambiente. Dopo il mancato ritiro di martedì scorso, per motivare il quale la ditta incaricata ha fatto sapere (tramite un comunicato apparso sulla pagine istituzionale del Comune, cosa piuttosto inconsueta) che, da ora in poi, sarà inflessibile nel far rispettare le regole, ci si sarebbe aspettati un intervento pubblico dell’assessore che, secondo logica, dovrebbe fare più gli interessi dei propri amministrati che della suddetta ditta. Invece il nostro amministratore tace, e questo preoccupa: sta bene? È fuori sede? È impegnato in qualcos’altro?
No, perché la situazione non è chiara per niente: se è vero che, fino a lunedì, c’è stata flessibilità circa il regolamento per il conferimento, è anche vero che martedì le regole sono state rispettate fino a un certo punto, visto che molti rifiuti, conferiti correttamente, non sono stati ritirati. L’assessore dovrebbe chiederne il motivo alla ditta e poi spiegarlo ai cittadini.
Così come dovrebbe esercitare la stessa inflessibilità nel rispetto del contratto anche nei confronti dell’appaltatore perché, fino a oggi, pare che qualche inadempienza ci sia stata. Ricordiamoci la denuncia del Consigliere Marilungo durante la scorsa consiliatura, con la quale si lamentava la mancata pulizia delle caditoie o dei bagni pubblici. In quel caso, l’assessore ha chiuso un occhio, forse tutti e due, e i bagni pubblici a tutt’oggi sono chiusi e inutilizzabili. Così come è stato chiuso un occhio sul mancato uso della spazzolatrice in diverse zone. La ditta ha detto che questo è dovuto a un guasto della macchina, ma se ti si guasta la macchina te ne procuri un’altra e rispetti le regole, le quali non devono essere rispettate solo dai cittadini. Ma queste cose non le dovrei dire io, bensì l’assessore. Assessore di cui, però, abbiamo perso le tracce da un bel po’.


Luca Craia


Il MES spiegato a mia nonna.


Provo a spiegare il MES immaginando di avere davanti la mia compianta nonna, che aveva la terza elementare, tenendo conto che la cosa è talmente assurda da risultare incomprensibile a meno che non ci si dimentichi della logica. Il Meccanismo Europeo di Stabilità, meglio noto come “fondo salvastati”, è un sistema tramite il quale gli Stati membri dell’Unione Europea si tutelano in caso di gravi problemi economici. Aderendo al MES, quindi, uno stato si dovrebbe mettere al riparo dai rischi che i mercati possano innescare nell’economia nazionale. Il MES è una specie di circolo privato, per aderire al quale uno Stato deve pagare una quota. Per pagare questa quota, lo Stato in questione, ovviamente, contrae del debito pubblico, ossia si fa prestare soldi. In caso di crisi, lo Stato può richiedere aiuto al MES che gli presta i soldi necessari per uscirne. Tutto chiaro? No? Non capite perché uno debba indebitarsi per farsi aiutare indebitandosi un’altra volta? Neanche io.
Ma non è tutto qui. Quando si chiede aiuto al MES, questo aiuto viene concesso in maniera differente se si è inquadrati come stati “virtuosi” o non virtuosi. I primi ottengono l’aiuto sostanzialmente incondizionato, i secondi, invece, dovrebbero sottostare a condizioni precise e pressanti, tipo quelle che ha dovuto subire la Grecia nel 2015. Paura, eh?
Sì, perché il MES, a quel punto, imporrebbe queste condizioni limitando fortissimamente la sovranità economica dello Stato che richiede aiuto, con conseguenze catastrofiche per la popolazione. Sì perché, a quel punto, non sarà più il tu Stato a stabilire le condizioni, per esempio, dei tuoi crediti verso lo Stato stesso, quelli con cui lo Stato si è indebitato per entrare nel MES, per dire, ma sarà il MES stesso a dettarle, così come detterà in sostanza le modalità per uscire dalla situazione di crisi per la quale si è richiesto aiuto. E, visti i pregressi, è facile immaginare che siano lacrime e sangue, ma quelle vere, per i cittadini.
Il punto politico, per il quale si stanno picchiando in parlamento, è questo: si può evitare di entrare nel MES? Secondo il Governo giallorosso, praticamente no. In realtà l’atteggiamento non è di ammettere che non ci si possa esimere, bensì quello più noto e consolidato di negare tutto, anche l’evidenza. Gridano alla fake news ogni tre per due, accusano chi si pone il problema di disfattismo, fanno la faccia piagnucolosa e si lamentano perché gli altri li odiano. Ma, in sostanza, la loro idea è che aderire al MES non sia evitabile, almeno se si vuol restare in Europa. E lo ro vogliono restare i Europa perché è l’Europa che gli consente di stare al Governo. Chiaro, no?
Evitare il MES, invece, è possibile. Ma va fatto con coraggio e decisione, e va fatto proprio all’interno delle istituzioni europee, imponendosi, cercando alleanze con altri Stati che sarebbero vittima di queste perversioni. Non vuol dire essere antieuropeisti, vuol dire essere patrioti, fare l’interesse del proprio popolo. E questo interesse, in un’ottica diversa da quella dettata dal nuovo capitalismo della plutocrazia, coincide anche con quello dell’Europa stessa, dove l’Europa non sia questa macchina al servizio dei grandi poteri mondiali, quei poteri che vivono eliminando le classi medie e riducendo le popolazioni alla miseria, ma sia quella comunità di Stati sovrani che abbiano come unico obiettivo il benessere del Popolo. Secondo me nonna mi avrebbe capito.

Luca Craia

mercoledì 27 novembre 2019

Napalm51 inconsapevoli crescono.


Ho uno spirito critico. Quando una cosa non mi piace, lo dico. E lo dico senza mezzi termini, non ci giro intorno, non medio, dico quello che penso e basta. Secondo i canoni attuali io sono un odiatore. Il marito di un’assessora del Comune di Montegranaro ama definirmi Napalm51, come un personaggio di Crozza che, tra l’altro, ignoravo e ho dovuto documentarmi per capire che, secondo lui, io sarei un odiatore seriale. Lui, evidentemente, no.
Ebbene, io non odio nessuno. Sono incapace di odio, non ho mai augurato né mai augurerò il male a nessuno, nemmeno al mio peggior nemico. Non ho astio né desiderio di vendetta. Ma, come dicevo sopra, se una cosa non mi piace, faccio del tutto per cambiarla e sono pronto a combattere fino alla morte (si spera morale) per le mie idee. Non credo affatto di poter essere catalogato per questo come odiatore. Semmai odia chi mi cataloga.
È quello che è accaduto a Diego Fusaro. Non ho particolare simpatia per il giovane filosofo, ma spesso mi trovo d’accordo con quello che pensa. Mi sono trovato d’accordo con lui anche quando ha definito “cogito interrotto” il pensiero delle cosiddette sardine, cosa poi confermata nei fatto dal famigerato e orrido manifesto. Per questo motivo, Fusaro ha dovuto subire la violenza verbale di migliaia di orchi benpensanti, opportunamente alimentati nella loro biliosa azione mediatica da quello che ho sempre considerato un ottimo giornalista, Enrico Mentana, con un post sulla sua pagina Facebook. E Mentana, da parte sua, non ha fatto nulla per fermare la spirale di odio, odio vero, distillato, da egli stresso generata, e se ne è uscito con una frase terrificante, del genere “se l’è cercata, ora se la tiene”.
 L’accusa di odio, che sfonda il limite dell’ipocrisia, definisce odio la critica legittima ancorché aspra e innesca odio vero, perché parte dall’odio vero. Solo che pare ci sia un odio autorizzato e un odio fuori legge, anche quando odio non è.
 
Luca Craia