mercoledì 23 ottobre 2019

Icaro cadde qui. A Sant’Ugo arriva Caravaggio, con i Crypta Canonicorum


Comunicato integrale

Ci sono opere di Caravaggio che parlano di musica, opere grazie alle quali sappiamo come fossero gli strumenti dell’epoca, come si svolgessero le esecuzioni pubbliche dei brani e altre informazioni preziose per ricostruire un frammento della storia della musica. Tutto questo farà da filo conduttore per un pomeriggio particolare da trascorrere all’interno dell’Ecclesia di Sant’Ugo di Montegranaro.
Domenica 3 novembre, in occasione dell’apertura ordinaria dell’ecclesia da parte di Arkeo, oltre alle normali visite guidate gratuite del sito, l’associazione montegranarese offrirà un particolare concerto del coro Crypta Canonicorum, “Icaro cadde qui”, nel corso del quale faremo un viaggio all’interno delle opere di Michelangelo Merisi,  ma non di tutte, solo di quelle che ci parlano di musica. Ogni opera sarà ispirazione a un brano eseguito dal coro e alla lettura di un testo poetico di riferimento con la collaborazione dei lettori del G.T.M., e la visione dell’opera del Caravaggio proiettata su schermo.
Un incontro culturale semplice ma importante, che coniuga la bellezza del luogo con quella della musica, il tutto unito dalla grande opera di uno dei più grandi pittori italiani di ogni tempo. Ancora un’offerta culturale dell’associazione Arkeo che da anni promuove il territorio da un punto di vista turistico e culturale, con proposte godibili ma preziose. Il tutto sarà gratuito, con la possibilità di lasciare una gradita offerta.

L’integrazione al senso inverso


Apro il giornale di oggi e inizio a leggere un titolo: “Bambini di origine marocchina a lezione anche di domenica per imparare la lingua”. Oohhh, mi dico, finalmente un’iniziativa in direzione della vera integrazione. Poi mi accorgo che l’entusiasmo non mi ha fatto leggere l’ultima parola, che è “araba”. Trasalisco. Praticamente mandiamo i bambini arabi a scuola di domenica a imparare non la nostra lingua, non la lingua del Paese dove vivono, dove un giorno probabilmente lavoreranno e si creeranno un futuro, non insegniamo loro la sua storia, la sua cultura, le sue tradizioni in modo che si integrino nel miglior modo possibile. Gli insegniamo la lingua araba.
Nell’articolo si spiega che l’iniziativa, voluta dall’Associazione Islamica di Montegranaro, serve a far conoscere ai bambini di origine marocchina la lingua del loro Paese di origine che, vivendo in Italia, non padroneggiano o addirittura ignorano, così come la cultura e le tradizioni dei loro padri. Tutto molto bello, per carità, ma l’iniziativa si svolgerà in un luogo istituzionale, la scuola, che sarà aperta appositamente per questo di domenica. Fosse un’iniziativa interna alla comunità islamica, non ci sarebbe nulla da ridire, anche se diretta a tutt’altra cosa che l’integrazione, ma in questo caso è la nostra, di comunità, a farsi carico della cosa, sono le nostre istituzioni.
E le nostre istituzioni dovrebbero agire esattamente all’opposto, promuovendo e amplificando in questi bambini la conoscenza della nostra cultura, non di quella delle loro origini. In questo modo si acuiscono e accentuano soltanto le differenze e l’integrazione rimane solo una bella parola per realizzare la quale si sta facendo ben poco.

Luca Craia

martedì 22 ottobre 2019

L’infanzia poveretta dei bambini italiani. E la politica fa zero, all’inseguimento di azioni di propaganda più forti.


1.260.000 bambini che vivono in condizioni di povertà assoluta. In Nigeria? No, in Italia. Mentre la politica si azzuffa su come salvare i bambini dei barconi, che certamente non possiamo lasciare annegare, i nostri, di bambini, crescono in condizioni da terzo mondo. Sono dati allarmanti, quelli diffusi da Save the Children, ma non allarmano la politica, in tutt’altre faccende affaccendata. È triplicato il numero dei bambini poveri, dal 2008 a oggi, e rappresentano il 12,5% di tutti i bambini italiani. Non è roba da poco.
Ma non basta, perché poi ci sono i bambini in condizioni di povertà relativa, quelli costretti ad abbandonare gli studi, a non avere i mezzi per praticare attività sportive e culturali, a non avere mezzi e modo di leggersi un libro. Questi sono 2.192.000, in netta crescita anche loro rispetto al 1.168.000 del 2008. Il 14,5% degli adolescenti lascia gli studi e il 47,3% non legge un libro a parte quelli scolastici.
Disastrosa anche la situazione degli edifici scolastici: su 40.000 scuole, ce ne sono 21.000 senza certificato di agibilità e 7000 in condizioni di grave vetustà. Mancano spazi di aggregazione e per attività extrascolastiche. Non si investe un centesimo per le scuole, per la sicurezza e per la qualità. Ma non si investe nemmeno per aiutare le famiglie: gli aiuti sociali medi in un anno per l’area famiglia ammonta ad appena 172 Euro. Insomma, viviamo in un Paese che non investe sulla famiglia e sui minori. Stiamo crescendo generazioni di italiani con scarsissima istruzione e altrettanto scarse prospettive per il futuro. Insomma, forse fanno bene gli Italiani a non fare più figli, tanto ci sono quelli dei “nuovi Italiani” a cui siamo ansiosi di dare la cittadinanza e parità di trattamenti, ossia niente.

Luca Craia