mercoledì 30 gennaio 2019

I normalizzatori del terremoto, il lavoro capillare per tenere buona la gente.


Agiscono fin dall’indomani della prima scossa, nell’agosto del 2016, e non hanno mai smesso di lavorare per tenere bassa la protesta, per sminuire le recriminazioni, per delegittimare le informazioni reali. Non si sa perché lo facciano: disciplina di partito, forse, visto che si tratta quasi sempre di gente inquadrabile politicamente, con passati e presenti di attivisti di sinistra; oppure per forma mentis, abituati a non ragionare ma a ricevere dati e rigettarli senza elaborazione alcuna. Alcuni lo fanno evidentemente per ritorno personale, magari aspirando a qualche incarico professionale, a qualche favore personale, a scavalcare semplicemente la fila nello sport più italico dopo, o prima, del pallone.
Il normalizzatore del terremoto agisce sui social, questo strumento nuovo ma ormai non più nuovissimo che, a quanto pare, chi deve lo ha imparato a utilizzare molto bene. Solitamente è un terremotato, autoctono, col la casa di residenza danneggiata, o importato, con la casa dei parenti, magari frequentata sporadicamente prima del terremoto. È ben introdotto nei gruppi Facebook, magari ne ha anche fondato qualcuno, e lì protesta con misura, ogni tanto si indigna ma mai con troppa convinzione, magari supporta con discrezione questo o quel politico locale, ma quando viene fuori la bomba, e di bombe ne abbiamo viste tante in questi due anni e mezzo, è prontissimo a disinnescarla. Per bomba intendo quella notizia che scopre gli altarini del potere, che fa capire effettivamente come stanno le cose, quanto è grande la misura della presa per il sedere.
Come fanno a disinnescare la bomba? L’azione in genere parte da prima, col chiacchiericcio, col pissi pissi bau bau che tanto piace alla sinistra nostrana: identificano i diffusori di informazioni contrarie e li delegittimano quotidianamente, gli trovano un nomignolo (a me, tra in tanti epiteti meno simpatici, mi chiamano anche “blogghettaro”, che non so che significa ma pare funzioni), cercano di farlo passare per un contaballe e, sempre evitando il più possibile il contraddittorio, hanno gioco facile. Quando invece la bomba scoppia, gridano alla fake news. Oggi questo termine piace molto, insieme a “bufala”. E allora c’è il normalizzatore di secondo livello che dice: “sarà una bufala?”, instillando il dubbio. E, all’occorrenza, scende in campo quello di primo livello, che cerca di dimostrare che l’informazione data è falsa o, quanto meno, sbagliata.
Facciamo l’esempio, tanto per capirci, dell’ultimo caso, quello delle piste ciclabili finanziate coi fondi Por Fesr. In una condivisione su un gruppo che tratta di terremoto e terremotati del mio articolo, quello che ha scoperchiato il pentolone, parte un tipo che dice la consueta frase “sarà una bufala”. Poi arriva il normalizzatore di primo livello, un politicuccio locale, ben inserito nella nomenclatura di partito, che commenta, rivolto alla persona che ha condiviso il mio post: “devi cambiare blog”. Allora questa persona reagisce e risponde: “perché? La notizia è falsa?”. Nessuna risposta. Ma il normalizzatore continua con altri commenti sotto, e comincia a parlar male della fonte, definendola “una delle più grandi fonti di bufale sul terremoto” (cosa, tra l’altro, piuttosto diffamatoria, se vogliamo). Ma mai dice se la notizia sia falsa o no, quello che gli interessa è instillare il dubbio.
Dubbio poi rafforzato dalla consueta informazione di regime, ribattuta e ricondivisa da tutto l’esercito dei normalizzatori: non sono fondi per la ricostruzione, potevano farci solo quello. Questa è la vera fake news, e lo sappiamo in molti, ma non lo sanno tutti. Inutile spiegare che sì, non sono fondi per la ricostruzione ma potevano essere impiegati, visto che arrivano dall’Europa proprio per sanare le ferite economiche e sociale inflitte dal terremoto, per opere più importanti, come le strade ancora chiuse, le strutture turistiche. Ma intanto passa, capillarmente, il concetto che i poveretti di Ancona non potevano far altro che finanziare le piste ciclabili. E il concetto passa, magari non per tutti ma per molti. E ci si divide, e si litiga, e così un fronte comune non si creerà mai come non si è mai creato. Il ruolo del normalizzatore è proprio questo. Uno sporco lavoro, davvero, ma qualcuno deve pur farlo.

Luca Craia

martedì 29 gennaio 2019

Sciapichetti paragona la situazione dell’Hotel House a quella dei terremotati


Ha lasciato sbigottiti in molti l’intervento dell’Assessore Regionale Angelo Sciapichetti nella seduta odierna del Consiglio Regionale, quando, durante la discussione della mozione 434, proposta dal Consigliere Rapa e dall’Assessore Pieroni, se ne è uscito con un paragone tra la situazione degli occupanti l’Hotel House di Porto Recanati e quella dei terremotati che potrebbe spiegare molte cose circa l’idea generale che lo stesso assessore ha della ricostruzione.
La discussione verteva sul fatto che la Regione potesse o non potesse intervenire all’Hotel House anche in sostituzione del privato, datosi che la situazione del famigerato stabile occupato per la maggior parte da stranieri e oasi di illegalità vede anche il mancato pagamento di tariffe e servizi che ha contribuito a generare la situazione di degrado attuale. E qui Sciapichetti ha detto testualmente: “se oggi non avessimo noi responsabilmente (…) messo sul piatto 100.000 Euro l’anno scorso per risolvere il problema in quel palazzo di fronte a un’ordinanza del Sindaco di Porto Recanati che chiedeva lo sgombero (in realtà ha detto sgombro, n.d.r.) qualora non si fosse proceduto nei tempi stabiliti alla messa a norma dell’antincendio, oggi qui staremmo a raccontare un altro tema, un’altra questione”.
E ha proseguiti: “Noi ci siamo fatti carico di quel problema pur sapendo che era un edificio privato” e, rivolgendosi al Consigliere Sandro Zaffiri, “quando dice lei che non vogliamo l’intervento pubblico per i privati, dico che è discutibile la frase, perché lì dentro ci sono non solo extracomunitari, ci sono anche Italiani che fanno il loro dovere e che risiedono e abitano lì, e se dovessimo applicare questa teoria, dovremmo andare dai terremotati a dire che non vogliamo l’intervento pubblico per ricostruire le case dei terremotati”.
Pare evidente che l’Assessore Sciapichetti faccia un po’ di confusione: la Regione è intervenuta per la messa a norma dell’Hotel House riguardo le normative antincendio in quanto la stessa non è stata effettuata dagli inquilini che si sono rifiutati di pagare. I terremotati, invece, hanno pagato tasse e imposte e si trovano nella situazione attuale non perché non hanno adempito a norme e regole ma perché c’è stato un terremoto, una catastrofe. Gli inquilini dell’Hotel House hanno deciso di non pagare ed è intervenuta la Regione al posto loro. I terremotati non hanno deciso di far venire il terremoto, non hanno deciso di far morire i loro cari sotto le macerie, non hanno deciso di vivere due anni e mezzo da sfollati. Se l’Assessore, e con lui la Giunta Regionale, non si chiariscono le idee su questo punto, non possiamo certo aspettarci nulla di buono.

Luca Craia
2.12

Tolentino. Appartamenti per gli sfollati. Il Sindaco mente sapendo di mentire


Comunicato integrale

"Entro l'estate consegneremo gli appartamenti agli sfollati" questo quanto dichiarava il Sindaco Pezzanesi lo scorso 19 gennaio in merito ai 46 appartamenti per i terremotati da realizzare nel Capannone La Rancia
La procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando gestita dall'ERAP Marche è arrivata alla fine del suo iter lo scorso 14 gennaio e a breve dovremo conoscere il nome del vincitore.
Quello che il sindaco però si dimentica di dire nella sua intervista al CorriereAdriatico è che ha acquisto un immobile invenduto da decenni  alla modica cifra di 1,6 milioni (euro più euro meno) e che le sole opere di riconversione costeranno alle casse regionali la bellezza di 3.601.620,51€ (base d'asta) più i costi di urbanizzazione per la realizzazione delle fognature (all'incirca 800.000€) e si prevede un tempo di 360 giorni per i lavori (1 anno), proroghe dovute escluse ai sensi degli articoli 20, 21 e 22 del capitolato speciale di appalto che abbiamo potuto visionare.
A questo punto ci domandiamo come sia possibile terminare i lavori entro l'estate se non potranno essi iniziare prima del mese di marzo 2019 (dati i tempi tecnici necessari). A conti fatti se la ditta aggiudicataria sarà in grado di rispettare il cronoprogramma (e noi ce lo auguriamo) e se le necessarie pratiche di collaudo saranno espletate in fretta (massimo 60gg dalla conclusione dei lavori) la consegna degli appartamenti non avverrà prima della primavera del 2020! Avete capito bene non prima di aprile/maggio 2020, 8 mesi oltre la data dichiarata qualche giorno fa. 
Tenendo sempre presente che questi appartamenti verranno consegnati privi di mobilio (come ad esempio la cucina) e gli elettrodomestici, chi ci andrà a vivere dovrà comprarli a proprie spese e come ben capirete ciò comporterà un ulteriore slittamento dell'effettivo ingresso.
Quindi perché il Sindaco mente sapendo di mentire? A chi giova questo continuo rilascio di dichiarazioni mendaci?

Gian Mario Mercorelli
Martina Cicconetti
Consiglieri Comunali - MoVimento 5 Stelle Tolentino