venerdì 10 marzo 2017

Cavalcavia. Sono stati gli operai ad assassinare i due malcapitati? Morire ammazzati da un ponte è routine?



Lo sappiamo che in Italia i responsabili veri dei più grandi misfatti non pagano mai, ma ogni volta fa rabbia vedere il rimpallo di responsabilità che, puntualmente, vanno a ricadere sull’elemento più debole del castello delle colpe. Pensiamo ai disastri ferroviari, in cui la colpa è sempre del macchinista, specie se è morto nell’incidente, o a quelli aerei, in cui gli aeromobili solitamente fanno il kamikaze. Nel caso del cavalcavia precipitato ieri in A14 assassinando, e lo ripeto, assassinando due persone che viaggiavano tranquille senza mai pensare che potesse cascare loro un ponte in testa, il canovaccio è il medesimo.
Le indagini oggi hanno visto concentrarsi gli inquirenti sulle figure degli operai. Sembrerebbe, incredibile ma vero, che si tratti di un errore umano. Capite? Gli operai, che tra l’altro sono rumeni e, quindi, tutto sommato sacrificabili, sembrano davvero il colpevole ideale, anche se non si sono schiantati insieme al ponte come il macchinista di cui sopra.
Il ragionamento, però, non fila. Perché il punto è un altro. Poco importa se gli operai abbiano sbagliato o no. L’errore umano deve essere contemplato perché possibile e, purtroppo, frequente. Quindi questo non esime di alcuna responsabilità chi ha lasciato l’autostrada aperta al traffico pur sapendo che si sarebbe effettuata un’operazione che poteva prevedere l’errore umano, un errore umano che avrebbe potuto uccidere. Che questa eventualità sarebbe potuta capitare è testimoniato dal fatto che è accaduta. Quindi chi ha lasciato la strada aperta al traffico è l’assassino dei due coniugi.
La cosa più preoccupante è che si continua a ripetere che si trattava di un’operazione di routine. Ma se questa è la routine significa che ogni volta che passiamo sotto un cavalcavia rischiamo che ci caschi in testa, perché, a quanto pare, non si ritiene indispensabile mettere al sicuro l’utente dall’eventualità di morire ammazzato da un ponte. Quindi morire ammazzati da un ponte che ti casca in testa è pura routine, almeno in Italia.
                                      
Luca Craia

Lavarsi le mani al laboratorio analisi senza sapone e carta. E l’asepsi?



Immaginate di andare a fare le analisi e di dover includere in esse anche quelle delle urine. Immaginate di fare le vostre urine sul posto, utilizzando il bagno a disposizione del pubblico. Vi aspettereste che, in un laboratorio di analisi o, comunque, in un luogo dove si effettuano operazioni e servizi sanitari, vi siano tutti gli accorgimenti per una corretta asepsi. Quindi, come minimo, dovrebbe esserci il sapone per le mani. Ebbene, mi segnalano che, a Montegranaro, nel bagno attiguo al punto di prelievo dell’ospedale (di quello che rimane dell’ospedale), non c’è né il sapone né la carta per asciugarsi. Il fatto sarebbe grave in sé ma, oltretutto, testimonia quanto sia abbandonato il plesso montegranarese.
                                      
Luca Craia

Restauro del Sacello quasi ultimato. A Pasqua la riposizione.



È quasi ultimato il restauro del Sacello Lauretano della chiesa dei SS.Filippo e Giacomo a Montegranaro. L’opera, interamente finanziata da Arkeo e realizzata dal restauratore Marco Salusti con la supervisione dello storico dell’arte Claudio Maggini, sarà riposta nella sua sede il 17 aprile prossimo alle ore 18.00, lunedì di Pasqua, con una cerimonia solenne e, a seguire, una messa accompagnata dai canti gregoriani del coro Crypta Canonicorum.
Il Sacello prima del restauro
La “casetta della Madonna”, durante il restauro, ha rivelato sorprese a non finire, particolari insospettabili nascosti dal tempo e da tentativi maldestri di restauro effettuati in passato. La rimozione dei vari strati di sedimenti e di materiale posticcio ha scoperto fregi e decori che non avevamo la minima idea ci fossero, svelando un manufatto artistico di grandissimo pregio che, seppure piuttosto tardo, rappresenta un magnifico esempio di quest’arte diffusa nelle Marche nel periodo a cavallo tra il ‘600 e il ‘700.
Ancora un piccolo tassello del nostro patrimonio artistico e culturale torna al suo posto grazie all’impegno dei volontari di Arkeo che, con le loro iniziative, raccolgono costantemente fondi interamente utilizzati a questo scopo.
                                      
Luca Craia