Lo sappiamo
che in Italia i responsabili veri dei più grandi misfatti non pagano mai, ma
ogni volta fa rabbia vedere il rimpallo di responsabilità che, puntualmente,
vanno a ricadere sull’elemento più debole del castello delle colpe. Pensiamo ai
disastri ferroviari, in cui la colpa è sempre del macchinista, specie se è
morto nell’incidente, o a quelli aerei, in cui gli aeromobili solitamente fanno
il kamikaze. Nel caso del cavalcavia precipitato ieri in A14 assassinando, e lo
ripeto, assassinando due persone che viaggiavano tranquille senza mai pensare
che potesse cascare loro un ponte in testa, il canovaccio è il medesimo.
Le indagini
oggi hanno visto concentrarsi gli inquirenti sulle figure degli operai.
Sembrerebbe, incredibile ma vero, che si tratti di un errore umano. Capite? Gli
operai, che tra l’altro sono rumeni e, quindi, tutto sommato sacrificabili, sembrano
davvero il colpevole ideale, anche se non si sono schiantati insieme al ponte come il macchinista di cui sopra.
Il
ragionamento, però, non fila. Perché il punto è un altro. Poco importa se gli
operai abbiano sbagliato o no. L’errore umano deve essere contemplato perché possibile
e, purtroppo, frequente. Quindi questo non esime di alcuna responsabilità chi
ha lasciato l’autostrada aperta al traffico pur sapendo che si sarebbe
effettuata un’operazione che poteva prevedere l’errore umano, un errore umano che avrebbe potuto
uccidere. Che questa eventualità sarebbe potuta capitare è testimoniato dal
fatto che è accaduta. Quindi chi ha lasciato la strada aperta al traffico è l’assassino
dei due coniugi.
La cosa più
preoccupante è che si continua a ripetere che si trattava di un’operazione di
routine. Ma se questa è la routine significa che ogni volta che passiamo sotto
un cavalcavia rischiamo che ci caschi in testa, perché, a quanto pare, non si
ritiene indispensabile mettere al sicuro l’utente dall’eventualità di morire
ammazzato da un ponte. Quindi morire ammazzati da un ponte che ti casca in
testa è pura routine, almeno in Italia.
Luca
Craia
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