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mercoledì 16 marzo 2016

Passaparola: vogliamo creare il museo dei ricordi



L’idea è venuta chiacchierando con un amico del Gruppo di Discussione de L’Ape Ronza, su Facebook. Questo amico si trova per casa alcuni oggetti che fanno parte della storia montegranarese e si domandava quanti altri nostri concittadini ne abbiano, magai in cantina o in soffitta: lettere, fotografie, oggetti, utensili, cartelli, manifesti e qualsiasi cosa possa portare la nostra mente nel passato. Perché non raccoglierli e allestire un piccolo museo della nostra memoria, dei nostri ricordi? Questo amico metterebbe anche a disposizione uno spazio per creare l’allestimento.
Così, in qualità di consigliere e presidente emerito di Arkeo, ho girato la proposta al nostro presidente che l’ha accolta con entusiasmo. Creare una sorta di esposizione dell’archeologia moderna montegranarese è pienamente in linea con gli scopi sociali del nostro sodalizio. Per cui eccomi qua a lanciare un appello ai lettori dell’Ape: se avete in casa o da qualche parte oggetti che possano essere esposti in questo progetto fatecelo sapere. Contattateci per e-mail (laperonzablog@gmail.com) o al telefono di Arkeo: 342.5325172). Costruiamo insieme il museo dei ricordi dei Montegranaresi.

Luca Craia

venerdì 15 gennaio 2016

Jemo a fa du vasche derete le mure



Ve le ricordate le estati di tanti anni fa, negli anni ’80, con i giardini di viale Gramsci nuovi nuovi? C’era tutto il paese a passeggio per quei viali, tutte le sere che ha fatto Iddio. Le panchine stracolme di ragazzi, seduti in doppia fila sulla spalliera e sulla seduta. E le guardie che si arrabbiavano ma non ci facevano niente. Si cominciava già dalle sei e mezzo o sette del pomeriggio a ritrovarsi dietro le mura, prima era improponibile perché il sole ci picchiava da ore e potevi cuocere un uovo sul selciato. Ma la sera arrivava la brezza da Civitanova e tutta Montegranaro andava a godersi il fresco, i ragazzi a vedere le ragazze passeggiare, le ragazze a farsi ammirare, gli adulti a fare lo struscio o, come si diceva allora, a farsi qualche vasca avanti e indietro.
Ci si incontrava, si chiacchierava, si prendeva il gelato seduti davanti a Tropical (incredibile ma vero, c’erano persino i tavoli fuori e si sacrificavano posti auto per metterli) o, nel pomeriggio, la pizza da Don Pepe, la pizzeria di Peppe Testatonda. Il fine settimana d’estate si chiudeva la corsia di marcia per le auto più vicina ai giardini e tutta la strada si riempiva di gente. In agosto era così tutti i giorni. Era il luogo di ritrovo dei Montegranaresi. Poi le cose sono cambiate.
La strada non è stata più chiusa. La gente ha cominciato a uscire e andare altrove. Le vasche dietro le mura sono rimaste vuote. Persino i pesci se ne sono andati dalle fontane. Ritornare a quei tempi? Si può, ma non servono nuovi marciapiedi, nuove aiuole, nuove panchine. Serve ricreare lo spirito di coesione e comunità che c’era allora. Serve far vivere Montegranaro non come la cornice per il passeggio ma serve il paese, inteso come organismo vivo e pulsante. È questo quello che abbiamo perso e che dobbiamo recuperare.

Luca Craia

lunedì 21 dicembre 2015

Il Natale di Radio Veregra



Tra le miriadi di ricordi legati ai Natali passati, quelli dell’infanzia, della fanciullezza e dell’adolescenza, quello dei Natali radiofonici ha un sapore particolare, quello del panettone aperto da dodici ore, dello spumante svampato, delle sigarette di troppo, ma anche degli amici, delle risate, del Natale fuori casa dopo l’abbuffata con e dei parenti.
A Radio Veregra era tradizione la tombolata di Natale, un programma fatto di dediche in diretta, studiato per dare modo agli ascoltatori di farsi gli auguri dedicandosi la loro musica preferita, che si univa al gioco, al divertimento e alla goliardia. Il dedicone di Natale partiva la mattina del 25 molto presto, alle 7, per poi protrarsi per tutto il giorno fino alla mezzanotte inoltrata.
Eravamo tutti volontari, a Radio Veregra, e così si metteva fuori un cartellone una quindicina di giorni prima con le caselle dei turni da coprire e ognuno si prendeva gli orari che gli facevano più comodo. Così c’era Ettore che si alzava presto e cominciava la mattina presto a suon di lisssssio, e da lì in poi si davano il cambio i vari Marcello Marzetti, Massimo Strappa, Gino Cintioli, Romano Mazzante, Cesare Grasselli, Mario Mobbili e così via.
Il mio turno preferito era quello che non voleva nessuno, quello dalle nove di sera a mezzanotte. A quell’ora erano tutti a cena a smangiucchiare avanzi, mentre a me piaceva lasciare casa e parenti per un po’ e tuffarmi nell’etere. Con me, a coprire l’ultimo turno del dedicone di Natale, c’era sempre Giovanni Leonardi.
Il funzionamento era semplice: si telefonava, si faceva la propria dedica o richiesta che sia, e si aveva la possibilità di indicare un numero a caso, di un tabellone che avevamo preparato qualche giorno prima. Se al numero corrispondeva un premio avevi vinto. Ovviamente tutto questo prevedeva la ricerca dei premi che consisteva nel passarsi tutti i negozi del paese chiedendo qualche articolo, magari di rimanenza, in cambio di un po’ di pubblicità durante il programma.
C’era poi la gara tra noi speaker, una sana competizione a chi prendeva più telefonate. La gara di solito la vinceva Marcello, sia per la sua voce da piacione che per l’orario molto ruffiano in cui andava in onda. Noi, nel nostro piccolo e data l’ora di trasmissione non proprio di punta, ci difendevamo bene, e un anno addirittura battemmo tutti. Ma il vero gusto era farsi gli auguri con gli ascoltatori e gli amici che passavano a trovarti così, tanto per smaltire la sbronza. Altri tempi, altra musica. Altra gente, compresi noi.