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lunedì 1 agosto 2016

Musulmani in chiesa. Appello caduto nel vuoto. Nessuno a Montegranaro.



Peccato davvero. Un’occasione persa. Eppure ci avevo sperato. L’appello degli Imam francesi, in realtà non recepito con la stessa enfasi dagli Imam italiani, di recarsi a messa coi cattolici per un gesto forte contro il terrorismo è in realtà caduto nel vuoto. In Italia si parla di poco più dell’1% della popolazione di fede musulmana che abbia partecipato a una qualche funzione cattolica, mentre a Montegranaro siamo a zero.
Sarebbe stato un bel gesto, un atto di pacificazione, un segno tranquillizzante, un’apertura culturale apprezzabile e, secondo me, necessaria.
È logico che i musulmani residenti nelle nostre terre non siano necessariamente responsabili per quanto accade per mano di qualche islamico criminale, ma è anche vero che si percepisce una forte diffidenza nei confronti di questa cultura che è innegabilmente chiusa in se stessa e poco propensa alla contaminazione positiva con altre, nella fattispecie con la nostra, cioè quella dei Paesi che ospitano. Occorre che il mondo islamico europeo faccia lo sforzo principale di integrarsi e farsi comprendere dalla cultura occidentale, in particolar modo perché è proprio la cultura occidentale a essere sotto attacco, un attacco motivato da ragioni religiose e, appunto, culturali.
Per questo avevo visto nell’iniziativa degli Imam un gesto estremamente positivo. Il suo fallimento è un brutto segnale. Significa che non c’è volontà di aprirsi, significa che l’integrazione è davvero difficile. Sarebbe bastato poco. Peccato.

Luca Craia

lunedì 16 novembre 2015

L’Italia dei derby su tutto è indifesa.



In Italia c’è sempre il derby. È sempre Roma-Lazio o Milan-Inter, per qualsiasi cosa. Non siamo mai, e ripeto mai, capaci di analizzare un problema con la dovuto lucidità, discernendo e selezionando cause ed effetti, conseguenze e soluzioni. Certo, è quello che fa l’uomo medio al bar, per strada, dal fruttivendolo. Ma quando questo meccanismo appartiene anche all’informazione e al governo allora siamo proprio fregati.
Quello che è accaduto a Parigi è spaventosamente grave. Soprattutto perché ha evidenziato come siamo incapaci di difenderci. Soprattutto perché questa nostra incapacità non è data dalla mancanza di mezzi adeguati o dalla particolare forza di chi ci attacca, ma è dato dalla nostra idiozia di fondo, quella di ridurre sempre tutto a bianco o nero, a destra e sinistra, a Milan e Inter.
Invece in mezzo al bianco e il nero ci sono un sacco di sfumature e, se vogliamo evitare di finire trucidati da un kalashnikov o vaporizzati da una bomba d’alta quota, dobbiamo cominciare a distinguerle. È necessario analizzare e capire, ma soprattutto trovare la soluzione. E questa soluzione certamente non sta da una parte o dall’altra ma sta in una posizione mediata tra le tante sfumature del problema. Non si risolve con l’espulsione di massa di tutti i musulmani, non si risolve con la politica del volemosebbene, non si risolve con le teorie paranoiche dei complotti.
Occorre prima di tutto unità, quantomeno nell’intento. Occorre smettere di sventolare la propria bandiera, sia rossa o nera, sia della Roma o della Lazio. Occorre ragionare e pensare che qui è in ballo la nostra stessa sopravvivenza e non è bombardando la Siria o cacciando gli immigrati che la potremo difendere. Ma occorrerà essere molto più rigidi, occorrerà riorganizzare drasticamente l’accoglienza dei profughi e ripensare ai criteri che consentono la permanenza degli stranieri nel nostro Paese. Occorrerà soprattutto pensare a controlli seri e scrupolosi su chi soggiorna in Italia. Un po’ di democrazia va senz’altro sacrificata.

Luca Craia

lunedì 29 giugno 2015

Il silenzio dell’Imam



È stato scioccante vedere le crude immagini degli ultimi attentati di matrice islamica. È terrificante pensare che uno o più uomini possano giungere a questo grado di crudeltà. È incredibile pensare che non si possa più vivere sicuri in un mondo che credevamo fosse un villaggio da percorrere con tranquillità. La nostra epoca è contrassegnata da una crisi profonda che non riguarda solo l’economia ma che tocca tutti i valori ai quali in molti crediamo e che, con questi accadimenti terribili, vacillano fortemente.
Il terrorismo islamico ha un fondamento religioso, è inutile negarlo, quandanche questo sia solo un paravento dietro il quale nascondere ben altri fini. La matrice religiosa sta nella cultura che spinge a tanta crudeltà, nella forma mentis di chi cresce vedendo i diversi come nemici da abbattere con la massima crudeltà. È ovvio che non si può generalizzare e affermare che tutti gli uomini di estrazione culturale islamica siano violenti o pericolosi, anzi. Le prime vittime delle conseguenze del terrorismo musulmano sono i musulmani stessi, specie quelli che vivono nei Paesi occidentali, i quali subiscono il primo effetto di queste violenze: la diffidenza.
Però in questi giorni terribili chi ha responsabilità quantomeno spirituali ha taciuto. E sempre tace in queste tragiche occasioni. I capi spirituali islamici, che nel nostro occidente diventano anche punti di riferimento politici per gli immigrati di fede o cultura musulmana, sanno benissimo quali conseguenze la loro gente deve subire a causa degli atti terroristici compiuti nel nome del loro dio. Ciononostante non reputano necessario prendere le distanze e condannare in maniera ferma e decisa questi atti di estrema violenza, per lo più compiuti contro quell’occidente che li ha accolti e che gli dà di che vivere.
Prendono molte iniziative, gli Imam italiani, per cercare di far passare il concetto di Islam moderato. Ho visto nel mio paese l’Imam girare per le scuole, accompagnato dal Sindaco, per parlare coi nostri ragazzi e cercare di appianare differenze e diffidenze. Ho visto prendere iniziative di scambio culturale utilizzando cibo e tradizioni. Ho letto comunicati stampa la cui intenzione è promuovere l’integrazione. Ma l’invito è sempre rivolto agli occidentali e dice “accettateci”. Non vedo inviti rivolti a loro stessi con lo stesso tono, non vedo la parola “accettiamoli” riferita a noi occidentali.
Soprattutto, in questi giorni, non sento una voce di condanna di queste violenze. Non ho letto una riga che dichiari una forte presa di distanza. Non ci sono comunicati stampa, iniziative, aperture verso quell’occidente che ha aperto le porte e che ora è giustamente preoccupato. Non ci sono sforzi per tranquillizzare, non ci sono messaggi che dicono in maniera chiara e decisa “noi non approviamo”. Si dice che chi tace acconsente. Non voglio affermare questo, ma certamente chi tace preoccupa. E forse è il caso di prestare maggiore attenzione.

Luca Craia