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giovedì 4 febbraio 2016

Non siamo più capaci di discutere civilmente.



La diatriba tra i difensori dei diritti degli omosessuali e quelli del Family Day, abilmente pilotata dall’alto per tenere impegnate le nostre teste e le nostre energie in modo che altre questioni, più essenziali e vitali per tutti, questioni che davvero riguardano il futuro degli Italiani a prescindere che siano di destra o di sinistra, pro omosessuali o pro family day, segna marcatamente lo stato della nostra democrazia reale e del declino ormai inarrestabile della nostra civiltà.
Premetto, per onestà, che non sto né da una parte né dall’altra, convinto come sempre che in medio stat virtus, ritenendo che la libertà del’uno finisce dove comincia quella dell’altro, credo che una coppia debba avere il diritto di sottoscrivere un negozio giuridico (che poi lo vogliamo chiamare matrimonio o in altra maniera poco importa) a prescindere che sia omo o eterosessuale, al fine di avere garantiti i diritti essenziali che derivano dal legame reciproco. Nello stesso modo ritengo che l’adozione del figlio del coniuge sia una derivazione naturale di quanto ho detto sopra e che l’eventuale forzatura che ne potrebbe conseguire col rischio del cosiddetto utero in affitto non possa essere motivo valido per non concedere questo diritto. Semmai si legiferi opportunamente per evitarlo. Diversamente ritengo che l’adozione di bambini terzi da parte di coppie omosessuali non sia ammissibile per il fatto stesso che la natura non ci mette in condizioni di procreare tra individui dello stesso sesso. Ho molto semplificato ma il discorso sarebbe molto più articolato.
Ma, a parte la mia opinione della quale non stiamo discutendo, sono inorridito dal livello del dibattito, sia tra la gente comune che si avvale dei social, sia sui media e in politica. Non esiste più il rispetto per l’opinione altrui, non esiste più il rispetto per la persona che la pensi diversamente. Si scende costantemente nel personale e in maniera pesantissima, abbandonando il tema reale della discussione per abbandonarsi all’insulto e allo sfottò irrispettoso che, se allo stadio per alcuni è accettabile, al di fuori dello sport non dovrebbe essere minimamente contemplato, specie discorrendo di temi così delicati. L’esempio lampante di quanto questo sia vero è quanto accaduto a Giorgia Meloni, con la quale a volte concordo e a volte no, ma che certamente non meritava tanta bassezza, cattiveria, bruttura, specie da chi si professa progressista rispettoso di tanti principi ma dimentica troppo facilmente il rispetto per il prossimo.
Questo imbarbarimento dei rapporti tra le persone è ben noto a chi sta sempre più pilotando le nostre vite e ne fa uso amplissimo. È utile infatti mantenere il popolo diviso e accentuare queste divisioni fino all’esasperazione. Un popolo diviso lo governi come vuoi, un popolo unito può anche, hai visto mai, ribellarsi.

Luca Craia

giovedì 23 aprile 2015

Perugia da la precedenza agli Italiani per le case popolari



La notizia sta rimpallando sul web è sembra non si tratti di una bufala: il Comune di Perugia ha modificato il regolamento di assegnazione degli alloggi popolari agendo sulla quota di assegnazione del punteggio che rimane a discrezione dell’ente locale e che da la possibilità di gestire quattro punti. Si è quindi deliberato di assegnare questi quattro punti a cittadini italiani residenti a Perugia da almeno 15 anni oltre che a disabili e anziani.
Ho già espresso in altri articoli del blog la mia posizione circa i diritti degli stranieri sull’assistenza sociale italiana quindi non la ripeterò. Ritengo che la decisione del capoluogo umbro sia giusta perché lo straniero, che ovviamente deve godere di tutti i diritti universali dell’uomo, non può però prevalere sui diritti economici acquisiti dai cittadini italiani da generazioni col proprio lavoro, i propri sacrifici e le proprie tasse.
I quattro punti che Perugia assegna con questa logica non sono certamente la soluzione al problema ma nemmeno un palliativo come qualcuno cerca di affermare. Essi rappresentano un tentativo di arginare la creazione di ghetti per stranieri tramite l’assegnazione degli alloggi popolari e simboleggiano almeno la volontà che questo non accada.
L’assegnazione di diritti economici a stranieri, equiparandoli ai cittadini italiani, è pericolosa perché, nella sua iniquità, generà fenomeni di intolleranza generalizzata che possono innescare seri problemi sociali. Non si tratta, quindi, solo di una questione di equità e giustizia ma anche un potenziale problema sociale. Quindi l’esempio di Perugia andrebbe seguito da tutti i comuni italiani.

Luca Craia

martedì 14 aprile 2015

Sussidi pubblici: prima agli Italiani



Quando si toccano certi argomenti si rischia sempre di essere additati come razzisti o xenofobi. La cosa mi interessa poco in quanto non mi curo troppo della mia popolarità e anche perché la mia storia personale parla per me e certamente chi mi conosce mai penserebbe di accusarmi di xenofobia. Però, a causa di questo imperante perbenismo ipocrita, comunemente definito “correttezza politica” (per non citare l’orrendo anglicismo “political correct”), di solito ci si schiera in due comparti stagni che sono entrambi lontani dalla realtà: quello che equipara i diritti dell’immigrato in tutto e per tutto a quelli degli Italiani e quello che affonderebbe di buon grado i barconi dei profughi con tanto di bambini. Come sempre non esistono solo il bianco e il nero ma una infinita gradazione di colori ed io, reputandomi essere pensante, preferisco pensare muovendomi tra i colori piuttosto che dipingermi di bianco o di nero per essere ben accetto.
Posto che tutti gli esseri umani hanno gli stessi diritti, sulla qual cosa penso dovremmo essere tutti concordi (anche se non è così), per quanto riguarda, all’atto pratico, l’attribuzione di questi diritti a livello sociale ed economico mi sento di fare delle distinzioni. Nella fattispecie penso ai tanti sussidi erogati dallo Stato italiano a cittadini stranieri che, spesse volte, non spettano ai cittadini italiani. Penso, ancor più nello specifico perché è cronaca recente, alle assegnazioni degli alloggi popolari: non sono affatto d’accordo che le graduatorie siano redatte mettendo sullo stesso piano italiani e stranieri.
Tutti hanno diritto a una casa. Non per questo chi non ha casa ha il diritto di prendersi la tua. Ora immaginiamo che la Nazione Italia sia la nostra casa. Questa casa è stata costruita col lavoro e il sacrificio nostro, ma anche dei nostri padri e dei nostri nonni. Se oggi questa casa ha dei servizi è perché questi servizi sono stati realizzati con il lavoro, il sacrificio, le tasse degli Italiani nel tempo. Credo sia giusto che chi ha di più sia disposto all’aiuto di chi ha di meno. Ma non credo che sia giusto che chi ha costruito la sua casa, o almeno ne ha contribuito alla costruzione, sia messo sullo stesso piano di chi, invece, non ha fatto nulla.
Per questo ritengo che per l’assegnazione di alloggi popolari (così come di altri sussidi sociali) sia necessario tenere conto della cittadinanza.  Nelle graduatorie, a parità di requisiti, il cittadino italiano deve avere maggior peso e questo peso deve variare anche in funzione della durata della cittadinanza, anche considerando le passate generazioni. Credo che sia una forma di giustizia sociale.

Luca Craia