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martedì 8 marzo 2016

La realtà distorta dalla cultura del facciamo come ci pare.



La mia riflessione parte dalla cronaca di queste ultime ore, una cronaca segnata da un fatto di sangue terribile quanto incredibile nella sua spiegazione; dei giovani che, nell’assenza della ragione che deriva dall’uso e abuso di sostanze, riescono a uccidere un uomo solo per il gusto di vedere cosa si prova. E questo non può avere motivo di accadere solo per l’effetto delle droghe e dell’alcool, perché mi rifiuto di credere che un uomo possa perdere così totalmente coscienza di se stesso. Credo fermamente che gli autori di questo efferato crimine siano persone pericolose a prescindere dalle sostanze assunte e che quest’ultime abbiano semplicemente allentato del tutto quei freni che tenevano fermi gli istinti bestiali.
Il problema, però, è anche culturale, perché viviamo in un mondo che continua a lanciarci messaggi distorti che, alla lunga, influenzano il nostro pensiero e, infine, il nostro io profondo. E in questa cultura generale crescono giovani con la percezione della realtà totalmente scombinata e distorta, cresciuti con la presunzione di poter fare quello che vogliono perché prima ci sono loro e poi, eventualmente, gli altri.
Esaspero, ma neanche tanto, e penso a quelli che mi attaccano sul blog e sulla pagina Facebook per quello che dico e scrivo. Ovviamente non sono infallibile e a volte quanto espongo può essere opinabile, ma mi picco di cercare di trasmettere un messaggio positivo che va, appunto, nella direzione contraria a quella di cui sopra, ossia a questa presunzione o delirio di potere e di essere al di sopra di regole e buon senso. Sono fermamente convinto che le situazioni paradossali come quella di cui stiamo parlando siano l’esasperazione di comportamenti distorti anche molto meno gravi e pericolosi.
Così quando un ragazzo scrive sulla mia pagina Facebook arrabbiato con me perchè pubblico le foto delle macchine parcheggiate in maniera indecorosa piuttosto che indignarsi per il comportamento che denuncio, o quando un altro mi invita ad andare personalmente a raccogliere la sporcizia per strada invece di denunciarla, o un altro ancora mi minaccia ripetutamente perché mi preoccupo per fatti violenti durante eventi sportivi, mi rendo conto di quanto sia distorta la visuale di tante persone.
Con questo non voglio certo collegare fatti di sangue e violenza estrema con episodi che possiamo inquadrare nell’ordinaria stupidità, ma credo siano tutti segnali fortemente inquietanti, perché indicano una deriva preoccupante del senso civico, del rispetto e del vivere sociale, e il radicamento di concetto sempre più forte di essere al di sopra di tutto e di tutti, delle norme, del buon senso e dei diritti del prossimo.

Luca Craia

mercoledì 6 maggio 2015

Perché l’Ape ce l’ha coi parcheggi creativi



A qualcuno sembrerà una specie di fissazione, una forma maniacale, qualcuno magari lavora anche per far passare questa visione tanto per screditare un po’ una rottura di scatole, per cui credo sia opportuno spiegare perché questo blog e la relativa pagina Facebook si accaniscono tanto nel pubblicare e denunciare quelli che qui definiamo “parcheggi creativi”.
Il parcheggio creativo, ossia quel modo diffuso ovunque ma particolarmente amato a Montegranaro di lasciare la macchina dove capita, in barba a divieti e codice della strada nonché al rispetto per il prossimo, è un malcostume, se vogliamo, di lieve entità che talvolta può creare disagi anche gravi. Una vettura parcheggiata ostruendo la circolazione non è solo un peccato veniale. Una vettura parcheggiata indebitamente sui posti riservati ai disabili è inqualificabile.
Ma non è solo questo il motivo per cui mi piace (e piace anche a tanti lettori, visto che la maggior parte delle foto che pubblico arrivano da loro), anzi: il motivo principale è che questo malcostume è un simbolo. Simboleggia arroganza e presunzione. Simboleggia quell’atteggiamento molto diffuso nel nostro paesello che dice “c’ho i soldi e faccio come mi pare, fammi la multa che la pago”. Simboleggia, in alcuni casi (quando la macchina è del politico o, addirittura, dell’istituzione) quel modo italiano di utilizzare il potere, quell’impunità che deriva dalla carica o dalla divisa. Pensateci: non è cosa da poco. Questi atteggiamenti sono alla base di comportamenti ben più gravi, di un’impostazione culturale profondamente sbagliata, socialmente dannosa.
La gente si arrabbia molto quando vede la propria macchina immortalata sull’Ape Ronza. Si arrabbia perché ognuno crede di non fare nulla di male, “che sarà mai, cinque minuti, vado di fretta”. Ma se una regola c’è va rispettata. E la devono rispettare per primi quelli che le regole le fanno e quelli che devono fare in modo che gli altri le rispettino. Quando pubblicai la foto di una macchina di quelle col lampeggiante parcheggiata nei posti riservati ai disabili, ricevetti una telefonata dal responsabile di quella vettura che, invece di giustificarsi, mi disse “non ti preoccupare Craia, che a te ci penso io”. Brividi. I politici ripresi nei loro parcheggi creativi vanno su tutte le furie e mi insultano “a pezza” su Facebook. Questo mi dice che sto facendo bene. Continuerò.

Luca Craia