Visualizzazione post con etichetta aggressione. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta aggressione. Mostra tutti i post

giovedì 7 luglio 2016

Quant’è brutta la storia dell’omicidio fermano



Un omicidio è sempre e comunque una brutta storia, qualunque siano i meccanismi che l’hanno causato. La morte di un uomo deve farci rattristare, riflettere, condannare la violenza sempre e comunque. La violenza non è mai giustificata e giustificabile, e questa storia dell'omicidio di Fermo gronda di violenza e di sangue comunque la vogliamo interpretare, qualunque sia la verità che verrà fuori dalle indagini.
Il punto, però, è proprio questo: qual è la verità? Oggi nessuno lo sa, se non i diretti protagonisti del fatto e forse nemmeno loro, perché la mente umana a volte fa strani scherzi e ci fa credere vere cose che non lo sono, magari per autoprotezione, magari per autoassoluzione. E allora diciamo che la verità va ricostruita, va ricercata, va messa insieme pezzo pezzo perché oggi nessuno la conosce.
Non sa la verità Alfano, che è corso da Roma a Fermo a fare nulla, solo un po’ di passerella. Ha sentito, fiutato, visto la possibilità di crearsi un po’ di popolarità in un momento in cui ne necessita particolarmente ed eccolo qua, con la faccia di rito, con le parole di rito, che lasciano il tempo che trovano e non cambiano di una virgola la situazione politica dell’accoglienza che non funziona e questi fatti lo provano senza dubbio alcuno, forse l’unica certezza che abbiamo.
Non sa la verità don Vinicio che, pure, condanna più da giudice che da pastore. Ha già emesso la sua sentenza, questo prete particolare, molto potente, con mani in pasta in un sacco di cose che fanno girare anche un sacco di soldi. Don Vinicio è davvero poco prete in questa vicenda, poco pastore, poco incline a raccogliere la pecorella smarrita che, invece, condanna senza appello alle pene terrene prima e a quelle infernali poi. Si compiace, con grande evidenza, della visibilità che è riuscito a procurarsi e non perde un colpo per aumentarla, nell’ansia, forse, di compiacere forze politiche amiche, senza rendersi conto che, col suo fare e affannarsi in cerca di obiettivi fotografici e televisivi, rende il clima ancor più teso.
Non sappiamo la verità noi che non c’eravamo eppure siamo tutti qua (me compreso che ieri ho anch’io dato la mia sentenza affrettata), alcuni dalla parte del povero ragazzo morto, pronti a scarnificarne in carnefice e altri convinti che la colpa sia della vittima. Nessuno, o quasi, capisce che qui, le vittime, sono molte.
E non sanno la verità i marpioni, i soliti furbi, quelli che sanno come manipolare l’informazione, che sanno parlare alla pancia della gente. Non la sanno e non interessa loro. Quello che interessa è sfruttare al massimo questa brutta storia per i loro squallidi tornaconti, politici, economici o chissà di che altra natura.
Io ora voglio aspettare, perché so di non sapere e quindi non voglio esprimere giudizi se non la grande tristezza e commiserazione per la perdita di una vita umana. Aspetto di sapere la verità e nel frattempo guardo mestamente lo squallido tendone di questo circo disumano che tutti stanno costruendo sul cadavere ancora caldo di un uomo.

Luca Craia


sabato 25 giugno 2016

Aggressione al Festival: il Veregra Street che non ci piace



Già nei giorni passati avevo parlato di quanto fosse, a mio modesto parere, negativo il fatto che la festa del Veregra Street si protragga fino a tarda notte. Il motivo principale, ovviamente, è che questo causa pesanti problemi ai residenti e certamente non giova al recupero del centro storico, anzi, produce l’effetto contrario, con un quartiere visto soltanto come scenario della festa ma svuotato del suo carico umano.
La cronaca di oggi, però, ci presenta un altro aspetto forse più grave: l’aggressione al giovane membro dello staff del Festival da parte di un facinoroso, probabilmente sotto l’effetto di alcool o chissà cos’altro (almeno si spera, altrimenti, avesse agito lucidamente, sarebbe una persona ancor più pericolosa di quello che ha dimostrato di essere) ci fa capire che c’è qualcosa che non va sulla gestione della sicurezza.
Avevamo già notato l’assenza dal percorso di Veregra Street della Polizia Municipale. CI sono i Carabinieri e ci sono i ragazzi del servizio stewarding (che, però, in caso di necessità non possono intervenire ma soltanto chiamare le forze dell’ordine). Ma, nonostante la presenza di molti militari, la vigilanza sembra insufficiente, vista la mole di persone che giunge a Montegranaro. Il supporto della Polizia Municipale sarebbe prezioso.
Ma il problema è un altro: lasciare che non si rispettino leggi e ordinanze e si trasformi il centro storico di Montegranaro in un enorme rave party, oltre a danneggiarne fortemente immagine e qualità della vita dei residenti, produce gli effetti che abbiamo letto dalle cronache. Aggressioni, atti vandalici, senso di illegalità diffuso dopo una cert’ora, quando le famiglie si ritirano e rimangono giovani e meno giovani col solo intento di darsi ai bagordi.
Credo che non sia questo lo spirito giusto. Credo che bisogni ritornare dentro certo binari. Veregra Street deve essere un momento aggregativo, culturale e di svago e non può diventare una sorta di Bronx dove ogni imbecille sei senta autorizzato a spaccare la testa a una persona o a portarsi via i cappelli lungo il corso. Purtroppo questa è la direzione che stanno prendendo quasi tutte le feste estive della zona, ma è una direzione sbagliata e molto pericolosa. Si rischia di rovinare tutto e di buttare via qualcosa di prezioso come Veregra Street per colpa di due o tre cretini. Torniamo alle regole, diamoci una regolata.

Luca Craia


domenica 24 aprile 2016

Ancora caos magrebini. Solidarietà ai Carabinieri.



Ancora un brutto episodio a carico dei nostri “ospiti” magrebini, uno dei tanti, l’ennesimo di una lunga lista che parla di risse, molestie, furti e violenze di vario genere. Sgombriamo il campo: non tutti i Magrebini sono delinquenti, ma quasi sempre i protagonisti di questo genere di episodi che accadono nel nostro Comune sono di provenienza nordafricana. E se è vero che anche gli Italiani, a volte, diventano artefici di questi atti di criminalità, ciò non giustifica il fatto che chi viene ospite nel nostro Paese possa comportarsi in questo modo. In sostanza: ne abbiamo abbastanza di delinquenti nostrani che non c’è la necessità di prenderli di importazione.
La cosa più grave, però, è l’impunità. Leggere sul giornale che il protagonista dell’ultima puntata della serie “Il Magrebino Pazzo”, quella accaduta venerdì notte al Mastio di Montegranaro , è noto alle forze dell’ordine. E queste forze dell’ordine, i Carabinieri nella fattispecie, gente che vive con uno stipendio inadeguato e deve rischiare la vita per fare il proprio dovere, va a intervenire per l’ennesima volta su un soggetto che si prende l’ennesima denuncia a piede libero e torna a ubriacarsi e delinquere con disinvoltura. Intanto i Carabinieri si fanno male, rischiano grosso, e magari si beccano pure qualche insulto. E se gli scappa una smanacciata ci passano pure un guaio.
La mia solidarietà per l’Arma è totale e incondizionata. Devono lavorare in queste condizioni, senza strumenti, con leggi che tutelano più il delinquente che loro. Bloccano il facinoroso, vengono aggrediti, si fanno male la legge rimette il libertà il delinquente. Verrebbe da arrendersi e dire un normalissimo quanto umanissimo “chi me lo fa fare”. Invece continuano a fare il loro dovere e a proteggerci, per cui grazie di cuore.
Per quanto riguarda, invece, gli stranieri che si comportano in questo modo, ricordiamo ai loro tutori, quelli che si stracciano le vesti per difenderli e che, in questo preciso istante, mi stanno dando del razzista, che se un Italiano aggredisse un poliziotto turco, tanto per fare un esempio, lo metterebbero in galera e butterebbero via le chiavi. Chi vuole stare in Italia deve rispettare l’Italia e gli Italiani. Altrimenti non può e non deve restare. Le leggi attuali, figlie di un buonismo ipocrita e interessato, vanno modificate quanto prima, per la tutela nostra e delle stesse forze dell’ordine. E chi non è d’accordo vada a ubriacarsi a Casablanca, picchi un poliziotto marocchino e poi ne riparliamo.

Luca Craia