venerdì 25 giugno 2021

L’obbrobrio del poliziotto e del delinquente.


 

Il giudice per le indagini preliminari ha fatto cadere l’accusa di tentato omicidio nei confronti di Ahmed Ibrahim, il Ghanese che, qualche giorno fa, ha seminato il panico alla stazione Termini con un coltello per essere poi fermato dal colpo di pistola sparato da un poliziotto che l’ha colpito a una gamba. Secondo il GIP evidentemente uno che brandisce un coltello contro i poliziotti lo vuol fare per fare loro la barba o per affettare un po’ si salame, in barba al Corano, e mangiarselo tutti insieme, certamente non per fare del male.

Quindi, in questo momento, abbiamo il poliziotto che ha sparato sotto accusa di eccesso colposo di uso delle armi, mentre il mago del coltello vede i suoi capi di imputazione attenuarsi notevolmente con un semplice porto abusivo d’arma e un altrettanto semplice resistenza a pubblico ufficiale. Mi domando se quel coltello fosse finito nel ventre di uno dei poliziotti o di qualche ignaro passante che storia avrebbe scritto il giudice, che pensieri avrebbe avuto, e che pensieri avrebbero tutti coloro che la pensano come il GIP, assolvendo il povero migrante e accusando il bastardo poliziotto.

Il povero migrante, tra l’altro, è titolare di 6, e dico 6, ordini di lasciare il territorio e 3, e ripeto 3, decreti di espulsione. Sono dieci anni che gira per l’Italia facendo danni ed è sospettato di jihadismo. Una personcina che tutti inviteremmo a cena a casa nostra. Ed è questa la cosa più grave: che ci fa ancora in Italia un soggetto del genere? Perché non è stato preso fisicamente e riportato in Ghana?

Perché, vedete, la questione è semplice e non c’entra niente il razzismo. C’entra invece la salvaguardia della sicurezza della gente che non dovrebbe rischiare una coltellata passando per la Stazione Termini perché un delinquente venuto da chissà dove ha deciso che oggi deve accoltellare qualcuno. La questione, dicevo, è che in Italia deve starci solo chi in Italia ha il diritto di starci.

E il diritto te lo guadagni non solo con la tua triste storia di rifugiato, non solo col fatto che magari hai un lavoro e ti sei comprato casa, ma anche con l’impegno a rispettare il Paese che ti ospita, la sua gente e le sue leggi. E se non lo fai, te ne vai e non torni più. Non è una roba complicata. Lo diventa in Italia, il Paese dove la gente si accapiglia per gli arcobaleni ma non si scandalizza davanti all’obbrobrio di un poliziotto sotto accusa per aver fatto il suo dovere e un delinquente che se ne va in giro indisturbato. Non quadra niente.

 

Luca Craia

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