giovedì 6 agosto 2020

Desecretati gli atti sul COVID. Vince la trasparenza, ma perché il segreto? Serviva a prendere tempo?


L’ha spuntata la Fondazione Einaudi, che aveva fatto scoppiare la bomba degli atti sul COVID secretati, e l’ha spuntata l’Italia che ha evitato l’ennesimo segreto di Stato. La vicenda ha comunque aspetti inquietanti: prima di tutto va stigmatizzato il fatto che, non avesse fatto richiesta di accesso agli atti la suddetta Fondazione, tutto sarebbe passato in sordina, l’opposizione pare non si fosse accorta di nulla. È grave, perché un’opposizione che, oltretutto, è stata esautorata dai suoi compiti parlamentari con lo stato di emergenza, nemmeno vigila sui verbali del Comitato Tecnico Scientifico non fa stare per niente tranquilli.
È inquietante soprattutto l’uso del secreto: a che pro? A cosa serve nascondere i verbali? Cosa c’è che gli Italiani non dovrebbero sapere, per non mettere a repentaglio la sicurezza nazionale? Ma sono inquietanti anche i tempi: a che è servito opporsi alla decisione del TAR che aveva ordinato la desecretazione, se poi, apparentemente di propria sponte, gli stessi atti vengono consegnati al richiedente? Potrebbe venire il sospetto che servisse prendere tempo. Per fare cosa? Siamo in Italia, il Paese dei segreti, delle carte che spariscono, delle pagine tagliate con la lametta. Qualche idea ce la possiamo fare.

Luca Craia