lunedì 25 maggio 2020

Turismo che passione. Sì, ma bisognerebbe avere un progetto. Soldi e risorse sprecati.

Non dovrei essere altro che felice, io che lotto da anni per far capire quanto sia fondamentale il turismo per la nostra economia territoriale, del fatto che, molto più spesso che in passato, le nostre amministrazioni locali si occupino del tema e prendano iniziative. In effetti è un fatto positivo, significa che si comincia a capire che bisogna quanto meno ragionarci, investirci, nel turismo. Ma c’è qualcosa che non va.
Quello che non va è che, nonostante questa nuova e positiva sensibilità, ancora si procede a tentoni, si fanno interventi, talvolta anche costosi, senza avere un progetto generale. Per fare turismo nel Fermano occorre lavorare sul territorio in sinergia tra i vari Comuni, le associazioni culturali che, fino a oggi, hanno fatto le veci delle istituzioni assenti e, soprattutto, gli operatori economici. Quello che si sta facendo, invece, è giocare con la politica, come sempre, senza progetto, come sempre, e sulla base della spartizione del potere, come sempre.
Prendiamo l’esempio dell’adesione del Comune di Montegranaro al progetto Noi Marche Bike. Si parte del presupposto che il futuro vedrà un forte incremento del cicloturismo nella nostra regione, anche grazie ai cospicui investimenti che il Governo regionale sta compiendo, a volte sottraendo risorse a cose forse più importanti, come la ricostruzione del terremoto. E in effetti il ragionamento fila: ci sarà un sempre più forte utilizzo della bicicletta per fare turismo ed è giusto organizzarsi. Ma, in assenza di infrastrutture, appare quanto meno prematuro aderire a un progetto di questo tipo. Il turista che venisse a Montegranaro in bicicletta andrebbe probabilmente incontro a una situazione di enorme disagio, in quanto mancano del tutto ciclovie e ciclabili, non ci sono spazi per circolare in sicurezza né strutture attrezzate all’uomo.
In realtà, a Montegranaro mancano quasi totalmente strutture ricettive organizzate per il turismo tradizionale, figuriamoci per quello in bici. Ed è qui il punto: come si fa a parlare di turismo senza coinvolgere chi, nel turismo, opera e ci lavora? Come si fa a fare un progetto turistico senza coinvolgere le associazioni culturali che hanno fatto turismo e portato gente sul territorio quando la politica era in tutt’altre faccende affaccendata? Come si fa a parlare di turismo senza un progetto che coinvolga gli operatori economici, le strutture ricettive e di accoglienza? Come si fa anche solo a ragionare di turismo senza pensare a come organizzare il patrimonio culturale in modo che sia fruibile ai visitatori?
In questo modo si fa fuffa, come sempre, fumo negli occhi, propaganda. A che serve?


Luca Craia