C’è una mistificazione
sottotraccia in gran parte dell’informazione che circola sul caso Bonafede-Di
Matteo, ossia che si sta cercando di far sembrare il magistrato come un
arrivista in cerca di qualche tipo di promozione. Vorrei fare chiarezza su
questo: è stato il Ministro Bonafede a chiedere a Di Matteo la disponibilità di
salire al vertice del DAP (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria), e lo ha
fatto ufficialmente e alla luce del sole. Di Matteo ha poi chiesto 48 ore di
tempo per pensarci e, in questo frattempo, il Ministro ha cambiato idea. Quindi
Di Matteo non aveva mira alcuna, ha solo ricevuto una proposta.
La domanda che
molti si stanno ponendo, sempre al fine di difendere il Ministro e screditare
il Magistrato, è come mai, allora, Di Matteo non abbia agito subito invece di
aspettare quasi due anni prima di parlarne. Ebbene, credo che non ci fosse modo
di agire, in quanto il comportamento del Ministro, ossia il fatto che abbia
cambiato idea, è del tutto legittimo, almeno da un punto di vista legale. Per
questo non c’era alcuna azione da intraprendere, né allora né ora.
La questione è
puramente politica e, sotto questo punto di vista, è molto grave. Perché il
problema principale non è che il Ministro abbia cambiato idea, ma perché ancora
oggi e con tutte le polemiche che imperversano, ancora non ha spiegato perché abbia
cambiato idea. Ci possono essere mille buoni motivi per cambiare idea,
suppongo, ma il Ministro dovrebbe spiegare il suo. Altrimenti diventa legittimo
pensare male. Pensare male, si badi bene, non significa necessariamente
supporre ingerenze della mafia nelle decisioni di Bonafede. Pensare male è
anche credere che Bonafede non abbia avuto il coraggio di portare avanti la sua
scelta dopo le reazioni dei boss, plateali e chiarissime. Evidentemente il
Ministro non ha voluto innescare uno scontro con la Mafia. Ma questa è solo una
supposizione. Se il Ministro ci dicesse i veri motivi della sua scelta,
smetteremmo con le supposizioni e ragioneremmo sulla verità
Luca
Craia