mercoledì 29 aprile 2020

Nella fase due scattano le zone rosse territoriali. La responsabilità di ognuno per il luogo in cui vive.


La fase 2 che prenderà il via dal 4 maggio, al momento, appare piuttosto confusa, e forse lo è anche nella mente di chi la sta progettando. Che si debbano riaprire le attività credo sia fuori discussioni, a meno che non vogliamo morire tutti di fame piuttosto che di covid19. Ma le modalità, al momento, non sembrano per niente esplicite, e c’è da scommettere che non avremo nulla di certo se non domenica sera, sempre che riescano a capirci qualcosa quelli del Comitato Tecnico Scientifico che governa l’Italia.
Una cosa, però, pare prendere corpo con una certa chiarezza, ed è il fatto che, qualora si aprissero nuovi focolai epidemici, il paese o la città interessati verrebbero dichiarati zona rossa e sottoposti alle restrizioni che ben conosciamo. Questo, al di là del rischio per la salute dei cittadini, comporta anche il ritorno al blocco economico per esercizi, attività e imprese, con danni rilevantissimi. Significherebbe che, mentre il resto d’Italia riprende gradualmente la direzione della normalità, quel particolare territorio rimarrebbe fermo al palo.
Immaginiamo se questo accadesse nel nostro paese: le fabbriche richiuderebbero, perdendo commesse, produzione, competitività nei confronti della concorrenza che, nel frattempo, avrebbe modo di produrre; i negozi resterebbero chiusi, con ingenti perdite e la forte possibilità di non riprendersi più; l’intero tessuto socio-economico subirebbe danni irreversibili.
Ecco, quindi, che scatta la responsabilità di ognuno di noi, che c’è sempre stata ma che ora ricade direttamente sulle nostre comunità cittadine. Ci saranno regole da rispettare, regole, si spera, pensate per garantire la sicurezza e la salute. Non rispettarle significherebbe condannare la propria città, il proprio paese, a morire economicamente. Questo andrebbe fatto capire agli irriducibili, a quelli della passeggiata e del faccio come mi pare.

Luca Craia