Non mi unisco alla
standing ovation in corso per il monologo sanremese di Rula Jebreal, non perché
abbia detto chissà cosa di censurabile, come magari qualcuno si sarebbe
aspettato o forse addirittura auspicato, tanto per tener alta la polemica di
cui il Festival pare campare. Non mi unisco perché non mi ha dato niente, ha
lasciato il tempo che trovava. Insomma, c’erano delle aspettative e non mi pare
che siano state soddisfatte. Poi, ognuno si accontenta come può.
Ho sentito un
discorso lineare, logico, a tratti toccante ma toccante con una certa banalità.
Ecco, alla fine il problema della violenza sulle donne, problema estremamente
complesso, sfaccettato, che va analizzato sotto molti aspetti perché va anche
compreso, oltre che denunciato, in quanto, se non lo comprendi, non lo risolvi,
è stato trattato con banalità.
Si è dipinto il
maschio, anzi, i maschi come esseri pericolosi, mentre il problema non sta nel
maschio ma in certi maschi, nella loro cultura, nella loro educazione e nella
loro alienazione occulta, che si manifesta solo nel contesto del rapporto
diretto con la vittima. Si è generalizzato, semplificato, il tutto al fine di
far scappare qualche lacrimuccia che, a quanto pare, c’è scappata eccome. Ma
tutto questo non ha portato niente, non ha dato alcun contributo se non quello
che se ne è parlato.
E, mi direte, non
è cosa da poco, almeno parlarne. Vero, ma banalizzarlo non aiuta. Infilarlo tra
una gag di Fiorello e una canzone mielosa non aiuta. Farlo diventare spettacolo
nello spettacolo non aiuta. E, soprattutto, non aiuta se oggi non cambia niente
a livello politico, a livello di interventi, a livello di progettazione. E,
infatti, oggi non cambia niente.
Luca
Craia