venerdì 14 febbraio 2020

Disastro di Lodi: colpe dell’operaio, anzi no, colpa della ditta che produce scambi. Mai colpa del sistema di lavoro.


Deraglia un treno dell’alta velocità italiana, muoiono ovviamente i due macchinisti, ed ennesimo enorme smacco per Rfi. La ministra De Micheli si comporta come fa di solito quando ci sono disastri (ricordiamo bene il suo operato come commissario straordinario per il terremoto): si preoccupa di far recuperare punti alle Ferrovie e dichiara al mondo che lei continuerà a prendere il treno e ci farà salire anche il figlio Pietro, e se lo fa lei dobbiamo farlo pure noi. Nel frattempo si cercano i colpevoli che, come al solito, nell’immediato sono gli operai che hanno montato lo scambio che non ha funzionato. È andata bene che non hanno dato la colpa ai macchinisti come di consueto, ma la prima spiegazione è stata “errore umano”. Amen.
E mentre ci sono 5 indagati 5, mica uno, per disastro colposo, tutti operai, si scopre che era il pezzo a essere fatto male. Quindi la colpa è dell’amministratore delegato della ditta che produce lo scambio, che evidentemente monta personalmente ogni apparecchio che la sua azienda produce. Il che significa che, se il pezzo è davvero difettoso, ce la caviamo con una multa e con la polizza di responsabilità civile.
Il fatto che la gente lavori con ritmi pazzeschi, sotto pressione, con un’altissima possibilità di errore e senza il tempo di verificare se il proprio lavoro è stato fato ad arte non ha sfiorato la mente di nessuno. Se gli operai avessero potuto provare lo scambio appena montato, probabilmente si sarebbero resi conto che c’era qualcosa che non funzionava. Ma non c’è stato il tempo, perché quello che conta è la produttività, e la produttività significa fare un lavoro nel minor tempo possibile. Poi, se sbagli, vai in galera. E se muore qualcuno, sono rischi calcolati, l’importante è essere produttivi.

Luca Craia