Deraglia un treno
dell’alta velocità italiana, muoiono ovviamente i due macchinisti, ed ennesimo
enorme smacco per Rfi. La ministra De Micheli si comporta come fa di solito
quando ci sono disastri (ricordiamo bene il suo operato come commissario
straordinario per il terremoto): si preoccupa di far recuperare punti alle
Ferrovie e dichiara al mondo che lei continuerà a prendere il treno e ci farà
salire anche il figlio Pietro, e se lo fa lei dobbiamo farlo pure noi. Nel
frattempo si cercano i colpevoli che, come al solito, nell’immediato sono gli
operai che hanno montato lo scambio che non ha funzionato. È andata bene che
non hanno dato la colpa ai macchinisti come di consueto, ma la prima
spiegazione è stata “errore umano”. Amen.
E mentre ci sono 5
indagati 5, mica uno, per disastro colposo, tutti operai, si scopre che era il
pezzo a essere fatto male. Quindi la colpa è dell’amministratore delegato della
ditta che produce lo scambio, che evidentemente monta personalmente ogni
apparecchio che la sua azienda produce. Il che significa che, se il pezzo è
davvero difettoso, ce la caviamo con una multa e con la polizza di
responsabilità civile.
Il fatto che la
gente lavori con ritmi pazzeschi, sotto pressione, con un’altissima possibilità
di errore e senza il tempo di verificare se il proprio lavoro è stato fato ad
arte non ha sfiorato la mente di nessuno. Se gli operai avessero potuto provare
lo scambio appena montato, probabilmente si sarebbero resi conto che c’era
qualcosa che non funzionava. Ma non c’è stato il tempo, perché quello che conta
è la produttività, e la produttività significa fare un lavoro nel minor tempo
possibile. Poi, se sbagli, vai in galera. E se muore qualcuno, sono rischi
calcolati, l’importante è essere produttivi.
Luca
Craia