Si è raffreddato
il clima post elettorale e si comincia a ragionare sui numeri scaturiti dalle urne
domenica scorsa. Non sul risultato politico in sé ma sui flussi dei voti, che
poi sono anch’essi importanti per un’analisi politica più approfondita. Vediamo
cosa dicono i numeri pubblicati da Swg: il 39.2% delle fasce sociali più deboli
economicamente ha scelto la Lega, così come il 35.3% dei residenti nei piccoli
centri. Al contrario, le classi medio alte hanno scelto il PD per il 35,8%,
come il 36,3% dei residenti nei capoluoghi. Insomma, uno spaccato preciso della
società che ci mostra lo spostamento dell’elettorato in maniera inversa alle
posizioni storiche, con le classi basse che si spostano da sinistra a destra
mentre il voto di sinistra diventa sempre più forte nelle classi più ricche.
Anche la dislocazione geografica del voto ci mostra una predilezione per il PD
da parte di chi vive in città e gode di maggiori servizi mentre nei piccoli centri,
dove spesso i servizi sono minori o di un livello più basso, le urne premiano
la Lega.
Il
36,3% dei giovani ha votato PD mentre il 26,1% ha votato Salvini. Il giovane,
normalmente più idealista delle fasce più mature, ancora crede nella sinistra. È
però interessante il voto giovanile verso Fratelli d’Italia che si attesta al 6,8%.
Infine, l’effetto Sardine avrebbe agito sull’astensione, recuperando circa il
3% dei non votanti che si sarebbero, naturalmente, orientati verso la sinistra.
I
numeri sono numeri ma consentono analisi più precise e anche lo studio di
strategie per modificare o invertire questi flussi. È evidente che la sinistra,
da espressione delle classi deboli, è diventata la forza politica delle élite e
delle classi più abbienti mentre la destra, sempre meno liberale e sempre più
sociale, fa più presa sulle classi orfane della sinistra storica. Quello che è chiarissimo
è che la sinistra vera non c’è più, mentre il liberismo è interpretato dalla
nuova sedicente sinistra.
Luca
Craia