martedì 5 novembre 2019

ILVA: cosa è successo? La storia di un pastrocchio italiano


Tutto nasce dal cosiddetto “scudo penale”, norma nata nel 2015 quando l’ILVA andò in amministrazione straordinaria preludendo alla chiusura. Con lo scudo penale si intendeva mettere al sicuro i commissari chiamati ad amministrare l’azienda nella situazione straordinaria, sia gli eventuali futuri acquirenti, dalle conseguenze penali derivanti dal sequestro dell’area a caldo avvenuto nel 2012, sequestro che implicava pesanti ripercussioni a livello penale per le gravi violazioni e gli immensi danni ambientali causati dall’azienda fino a quell’epoca. In sostanza si voleva evitare che gli amministratori attuali dovessero pagare le conseguenze penali di azioni svolte dalle passate amministrazioni. In questo modo si apriva anche la possibilità a nuovi acquirenti di farsi carico dell’azienda senza rischi penali pregressi, cosa che agevolò l’offerta di diverse aziende, tra cui quella che, attualmente, ha in mano l’ILVA, la ArcelorMittal e che si propose l’acquisto anche in virtù dello stesso scudo penale. Se da un punto di vista strettamente di principio lo scudo poteva essere visto come un ingiustificato vantaggio per gli amministratori dell’azienda, dall’altro lato poneva le condizioni perché l’ILVA potesse essere salvata e, con essa, le decine di migliaia di posti di lavoro connessi direttamente e indirettamente alla sua esistenza.
Il Movimento 5 Stelle ha sempre visto negativamente lo scudo penale, interpretandolo, appunto, come un indebito vantaggio, tanto che, con il Decreto Crescita, uno degli ultimi atti del Governo Conte Primo, la norma veniva abrogata, scatenando fin da subito l’ira di ArcelorMittal che minacciò di abbandonare l’ILVA già dallo scorso settembre. Di Maio, allora Ministro per lo Sviluppo Economico, corre ai ripari e modifica il decreto reintroducendo lo scudo in maniera modificata, ossia con le immunità a scadenza progressiva, secondo un cronoprogramma che stabiliva i tempi per effettuare i lavori di risanamento ambientale. La modifica, però, non piace a un drappello di Senatori del Movimento 5 Stelle, tra cui il Ministro per il Sud del Governo Conte Primo, Barbara Lezzi, con un emendamento specifico, blocca lo scudo e fa passare il decreto senza immunità per l’ILVA. Il Movimento 5 Stelle canta vittoria, in barba al proprio capo politico, e dichiara di aver ristabilito la legalità. Del resto, per molti pentastellati, tra cui, appunto, l’ex ministro Lezzi, l’ILVA è da chiudere. A questo punto la ArcelorMittal getta la spugna e si giunge alla situazione attuale.

Luca Craia