venerdì 4 ottobre 2019

Immigrazione: il problema di integrazione delle seconde generazioni


Mentre torna in auge l’argomento “cittadinanza all’immigrato”, sia essa intesa come ius soli, ossia l’automatismo alla nascita sul suolo italiano, o come ius culturae, ora di moda, ove si intenda il frequentare le scuole italiane per almeno cinque anni o un ciclo scolastico per ottenere la cittadianza, assistiamo al continuo ripetersi di atti criminali più o meno gravi a opera di giovani e giovanissimi stranieri.
È di oggi la notizia, riportata dal Corriere Adriatico, di un gruppo di ragazzine straniere che, a Porto Recanati, hanno pestato brutalmente una coetanea sull’autobus. Sono episodi ricorrenti, e chi ha la sventura di vivere in contesti dove la presenza di questi giovani figli di immigrati è più massiccia non può non notare come gli stessi risultino scarsamente integrati con i coetanei italiani. E questo è un problema serio.
La mancanza di integrazione delle ultime generazioni di stranieri in Italia, quelli nati nel nostro Paese e che stanno ricevendo un’istruzione nelle nostre scuole, quindi l’oggetto della proposta di attribuzione dello ius culturae, implica alienazione e, come estrema conseguenza, l’insorgere di fenomeni di degrado sociale o criminalità. Questi ragazzi, che in teoria avrebbero la possibilità di vivere, crescere e ottenere le stesse opportunità dei coetanei autoctoni, invece molto spesso restano chiusi nelle loro comunità etniche e hanno scambi imprecisi e conflittuali con la società del Paese dove vivono.
Esiste sicuramente un problema di conflittualità culturale tra l’occidente e la cultura islamica, ma è anche vero che mai sono state messe in campo autentiche strategie di integrazione sociale, se non a scopo puramente propagandistico. Questi giovani crescono in quartieri quasi prevalentemente abitati da stranieri, vanno a scuola in istituti e in classi composte per la maggior parte da stranieri, non hanno reali possibilità di mescolarsi con i propri coetanei italiani. Se poi il contesto sociale in cui crescono è degradato già per le devianze degli adulti, si innesca un processo di alienazione grave ed estremamente pericolosa, le cui conseguenze sono gli atti criminali che conosciamo purtroppo molto bene.
Per questo parlare di ius soli o di ius culturae è smaccatamente ipocrita: è chiaro che si tratta di una mera campagna propagandistica che non affronta minimamente il problema ma che propone una soluzione sganciata dalla realtà che rischia di produrre ancora più danni dell’attuale disintegrazione sociale dei giovani stranieri.

Luca Craia