venerdì 18 ottobre 2019

A proposito di evasione: l’evasione cinese nel Piceno.


Cercare le fonti dell’evasione non è certamente facile, quello che è facile è fare come hanno sempre fatto tutti, ma proprio tutti, i governi italiani da quando ci si è iniziati a porre il problema: prendersela con i piccoletti, gli artigiani, i commercianti, categorie che, se un tempo potevano anche evadere, e sicuramente lo hanno fatto, in tempi più recenti e con le nuove normative sempre più stringenti, nono riescono più e, soprattutto, non hanno più i redditi di una volta, tutt’altro. Ma la tendenza è di aumentare sempre di più, non tanto i controlli, che già sono più che sufficienti ed efficaci, ma l’aggravio di spese che ne consegue, aggravando una situazione economica che già è grave di suo.
Ci sono, invece, settori economici che non vengono presi in considerazione. Tra questo volevo indicare quello dei terzisti cinesi. Ovviamente non si può generalizzare, ma il sistema è molto diffuso e noto capillarmente, per cui è incomprensibile come non si intervenga per arginarlo, anche in considerazione del grave danno che crea, non solo all’erario, ma all’intera economia.  I Cinesi sono giunti in Italia ormai oltre vent’anni fa, e subito hanno iniziato ad occupare spazi economici nel settore manifatturiero, in particolare in distretti estremamente specializzati, come quello di Prato o quello Piceno, aprendo laboratori di terziario al servizio della produzione di calzature e pelletterie.
Fin da subito i prezzi  di questo tipo di aziende si sono dimostrati estremamente concorrenziali e, nel cercare di capire come mai gli Italiani non riescano a contrastarli sul settore costi al clientre, si trova facilmente il meccanismo che ha portato, in pochi anni, alla totale distruzione del terziario autoctono e una enorme emorragia di denaro verso la Cina. Il sistema è semplice: si apre una partita IVA, si lavora per un paio d’anni scarsi, senza pagare contributi, IVA e senza il minimo rispetto delle normative sulla sicurezza sul lavoro. E si  produce fattura. Poi, dopo poco più di un anno, si chiude per riaprire con altro nominativo e altri codici fiscali e partita IVA. In questo modo si evitano i controlli e si riesce a evadere totalmente. I prezzi sono estremamente competitivi e la concorrenza italiana non ha modo di difendersi, con aziende antiche e consolidate che non possono permettersi si evadere un centesimo. Non solo: il reddito così prodotto rimane quasi interamente all’interno della comunità cinese e in gran parte prende la via della Cina.
Il danno è enorme ma, stranamente, i controlli sono sporadici, rarissimi, e questo tipo di economia prospera nonostante la crisi. A Prato, oggi, esistono quasi esclusivamente i Cinesi. Nel Piceno hanno il quasi totale monopolio delle lavorazioni terziarie, come i tomaifici, avendo falcidiato quelli italiani. Ma l’evasione la andiamo a cercare sempre e solo nello stesso posto: artigiani e commercianti.

Luca Craia