martedì 23 aprile 2019

Pastorella lascia. Ora i terremotati sono molto più soli. Sempre più soli. 

Ho letto della decisione di Francesco Pastorella di ritirarsi e me ne dispiaccio. E me ne rallegro. Me ne rallegro per lui, perché so le sue motivazioni, che sono giuste e profonde, motivazioni che comprendo e condivido e che immagino gli abbiano causato un'enorme sofferenza. È normale che, alla fine, si stanchi, un uomo che lotta per quasi tre anni trovando, tra le persone per cui si batte, più ostacoli che aiuti, più nemici che sodali e una sostanziale rassegnazione che trabocca verso l’indifferenza verso se stessi, per quanto paradossale, con qualche notevole punta di magnifico arrivismo. È normale che dica il classico “ma chi me lo fa fare"; lo abbiamo detto in tanti, prima di lui, per quanto in ruoli diversi, tanto che, per fare un esempio, a raccontare di terremoto non c’è rimasto quasi più nessuno, come da progetto iniziale. Mi dispiaccio per i terremotati, che vedono andarsene con Francesco l'ultimo, probabilmente, che ha fatto qualcosa di concreto per loro. Ora rimangono i furbi, i falsi, i farabutti, quelli che, col terremoto, si sono dati un’opportunità di crescita professionale, di visibilità, di autocompiacimento. E forse è meglio così. Un abbraccio a Francesco, un abbraccio sincero e amichevole. Se dovesse cambiare idea, sarò il primo a sostenerlo. Altrimenti ha tutta la mia più completa comprensione. 

Luca Craia