Don Vinicio Albanesi, noto nel Fermano come prete
estremamente attivo nel campo dell’accoglienza agli immigrati, è diventato
famoso nelle cronache nazionali coi brutti fatti di Fermo di un paio d’anni fa,
quando un ospite da uno dei centri di accoglienza che gestisce fu ucciso
durante una lite con un Fermano e il prete chiamò a raccolta tutto il mondo
radical che si riunì a Fermo per sottolineare quanto fossero razzisti i
Fermani.
Ogni volta che don Vinicio parla di immigrazione,
accoglienza e welfare in generale, ho un sussulto perché la gestione dell’accoglienza,
appunto, non è soltanto un’opera di carità ma anche un’operazione con una certa
remuneratività. Per cui confesso che anche oggi, quando mi sono accinto a
leggere un articolo del Corriere Adriatico che riportava una piccola intervista
al sacerdote, ero piuttosto prevenuto. E invece devo dire che stavolta don Vinicio
ha ragione, fermo restando che il suo punto di vista è quello di chi con l’accoglienza
gestisce (legittimamente, ben inteso) anche un bel po’ di soldi. Ma il suo ragionamento non fa una piega.
In sostanza don Vinicio afferma che il problema dell’immigrazione
(e già parlandone riconosce, forse per la prima volta, che abbiamo un problema
con l’immigrazione, fatto di per sé nuovo e interessante) non risiede tanto
nell’accogliere i migranti che giungono in Italia, che sia con barche, barconi
pirati o a piedi o per altre vie, quanto nella loro gestione una volta accolti.
Se è vero quello che dice don Albanesi, cioè che solo il 10% dei richiedenti
asilo riesce a vedere riconosciuto lo status di rifugiato (e non ho motivo di
dubitarne, ci credo, perché la maggior parte della gente che viene in Italia,
molto probabilmente, non viene per scappare da guerre e carestie ma per il
miraggio che trasmettiamo), rimane un buon 90% di migranti che sta qui e non si
sa che sta a fare.
Il problema è, quindi, la permanenza, non tanto l’arrivo. Ed
è un problema antico, come dice lo stesso don Vinicio, che parte da una
politica sbagliata a partire dalle prime avvisaglie dell’invasione che avremmo
subito da parte del sud del mondo. Solo che anche le politiche attuali, quelle
del Governo di oggi, sembrano preoccuparsi più di bloccare il flusso
migratorio, cosa assolutamente da fare, e molto meno se non per nulla di come
gestire la gente che già sta qui. E la gente che sta già qui molto spesso
sparisce dalle statistiche, non solo dalla circolazione, per poi magari
tornarvi tra le righe della cronaca nera.
Il principio è molto semplice, e pare che anche don Vinicio
non la pensi tanto diversamente: o ti integri o ritorni a casa. Ecco, mancano i
meccanismi per riportare a casa chi non si integra, che invece rimane libero di
circolare sul territorio, anche con un decreto di espulsione in tasca che vale
quanto un kleenex, perché non ci sono le norme. E di questo non pare
preoccuparsi nemmeno Salvini, molto più impegnato nel contrastare gli sbarchi,
vuoi per un suo evidente modo di pensare, vuoi perché questo è molto più
mediatico. Va bene fermare gli sbarchi, per carità, ma occupiamoci con urgenza
di chi in Italia già c’è.
Luca Craia