lunedì 12 novembre 2018

Il Governo dei “bibitari” e la guerra contro i “pennivendoli”. La politica dell’insulto e la stampa minacciata.


Che in Italia ci sia un problema di libertà di stampa pare evidente a tutti e lo dicono anche studi esteri che relegano il nostro Paese insieme a Nazioni di ben altra storia e civiltà. La stampa è da tempo asservita al potere di turno, sia esso di governo o collocato più in alto, come in questi tempi. Ma attaccare la categoria intera dei giornalisti con epiteti sciocchi, puerili e irrispettosi (pennivendolo è un insulto sia per i giornalisti che, usato in termini tanto dispregiativi, per chi le penne le vende davvero, come me). Addirittura, minacciare leggi apposite, come una sorta di punizione versi chi ha veramente sputato veleno per mesi in piena malafede ma che comunque appartiene a una categoria essenziale per la democrazia, è pericoloso e molto preoccupante. Oltretutto ricorda molto da vicino una certa politica alla quale il “Governo del Cambiamento” non dovrebbe affatto assomigliare.
La stampa va tutelata, perché è imprescindibile nel processo democratico. Il giornalista svolge un ruolo fondamentale e, se si deve intervenire legislativamente, occorre farlo non nella direzione di limitarne la libertà ma prendendo ogni provvedimento perché essa sia tutelata. Purtroppo oggi la stampa è schiava, non è libera, è strizzata tra le esigenze di vendita del prodotto, la compiacenza verso il potere e il ruolo reale di informazione, sempre più secondario. Ma non è minacciando i giornalisti che si possa risolvere il problema. Anzi.
Anche i toni sono decisamente triviali. Un esponente di una realtà che esprime il governo del Paese dovrebbe parlare con misura, con termini appropriati e mai usando l’insulto. Lo stesso ci si dovrebbe aspettare da chi si candida, dall’opposizione, a governare. Oggi assistiamo a una trivialità nella classe politica vergognosa e preoccupante. Mai visto un livello culturale e umano così infimo, mai vista una lotta politica fatta di epiteti, insulti e minacce, in una dialettica che si occupa di tutt’altro rispetto a quelle che sono le reali esigenze del Paese e dei cittadini. E questo investe tutto l’arco costituzionale. Si cambi rotta finchè siamo in tempo.

Luca Craia