mercoledì 10 ottobre 2018

Terremotati: la protesta è finita. Ora non resta che subire. E andarsene.


Lo sapevano che sarebbe finita. Era programmato, perché tanto è sempre così: all’inizio la rabbia e la frustrazione conducono la battaglia ma poi subentra la stanchezza, la rassegnazione, specie se vedi che gli sforzi che compi non portano a nulla, specie se sbatti costantemente contro un muro, specie se il mostro di gomma contro cui ti tocca combattere è fortissimo e riesce a dividere chi protesta in mille piccoli e insignificanti rivoli. È matematico: alla fine, chi protesta, si arrende.
Ci hanno messo due anni ad arrendersi, i terremotati del Centro Italia, ma ora credo che la pratica possa essere archiviata. Di tutte le proteste iniziali è rimasto ben poco: soltanto un centinaio di gruppi Facebook, spesso in contrasto tra loro; leader che rappresentano poco più che se stessi, anche perché ci sono quasi più leader di comitati che terremotati; iniziative a cui partecipa sì e no chi le ha organizzate. Rimangono le inaugurazioni, le foto sorridenti col Presidente, l’Assessore, il Senatore, il Sottosegretario a non si sa cosa. Rimangono i libri scritti dai passionari che, almeno loro, qualcosa ci hanno guadagnato, col terremoto, così come i fotografi poeti con le loro mostre itineranti, così come i giornalisti accreditati e i loro lacrimevoli reportage sempre attenti a non urtare i poteri in campo mentre corrono dietro a Marcorè e simili per raccogliere qualche briciola e un po’ di lavoro stabile, finalmente.
Si è fatta un sacco di politica sul terremoto. Sono decollate carriere, si è cavalcata la tigre, si è strumentalizzato tutto da una parte e dall’altra e, alla fine, non si è mosso niente. Che la ricostruzione non parta è sotto gli occhi di tutti. Fa rabbia? Senza dubbio. Ma non si muove più nessuno, sia perché si è stanchi e rassegnati, sia perché si è pochi, si è soli, non si riesce a mettersi d’accordo su nulla, si litiga su chi sia più o meno terremotato. Gente sfinita, che ha aspettato una casetta di legno compresso per mesi e mesi e se la vede ammosciare fradicia dopo poche settimane che ci vive, che forza potrà mai avere per reagire, ormai?
Tutto questo era noto, era programmato. È stato fatto un gran bel lavoro, conoscendo il territorio e la sua gente, gente che ha tanti pregi ma che è afflitta da un campanilismo talmente radicato che rimane insuperabile persino nella catastrofe. Lo sapevano, e hanno utilizzato bene questa risorsa. La gente se ne sta andando, chi non se ne è andato lo farà, prima o poi, perché non si riparte, e se non si riparte dopo tanto tempo, non si riparte più. Rimarranno in pochi, ammassati in un paio di centri più grandi, e spariranno i borghi, le frazioni, le piccole comunità. Così si desertifica un territorio e questi qua lo sanno fare bene.

Luca Craia