lunedì 3 settembre 2018

Nuovi ospedali: che ne sarà dei vecchi edifici?

L'attuale ospedale di Fermo

Si senta parlare, ormai da mesi e mesi, di nuovi ospedali, seguendo un progetto, pare, portato avanti personalmente dal Presidente Ceriscioli che vorrebbe un ospedale generale di rete per ogni provincia. La costruzione di questi nuovi grandi complessi sta già partendo, per esempio, a Fermo, mentre altrove si sta procedendo con i progetti non senza difficoltà addirittura a individuare l’area di edificazione. I nuovi plessi dovranno sostituire totalmente le vecchie strutture perché, nella visione della Regione Marche circa la sanità, ogni provincia dovrà avere un unico ospedale, almeno per i casi acuti.
Non è mia intenzione discutere l’opportunità di questa visione generale e della sua impostazione, sulla quale, comunque, le polemiche non mancano. Noto soltanto che, a oggi, non mi pare di aver capito la sorte che spetta ai vecchi plessi. Il problema è serio: parliamo di edifici enormi, spesso compositi, che da un giorno all’altro sono destinati a rimanere vuoti. Un edificio vuoto, come sappiamo, è destinato a generare degrado, sia urbanistico che sociale.
Il progetto del nuovo ospedale di Fermo
Prendiamo a esempio ancora l’ospedale di Fermo: l’edificio è molto grande, una sorta di Frankenstein edile, partito dal nucleo antico per poi svilupparsi su diverse ali aggiunte nel tempo, generando così un’accozzaglia di stili architettonici che costituiscono un enorme costruzione eterogenea in mezzo alla città. Rimane difficile, per questo stabile, pensare a un riutilizzo diverso da quello per cui è stato progressivamente costruito, ed è talmente grande che anche una destinazione sanitaria alternativa, come residenze sanitarie e servizi, difficilmente potrà utilizzarlo tutto.
Non avendo ancora sentito parlare, appunto, del riutilizzo di questi edifici, non posso che augurarmi che, nel progetto complessivo, sia stata anche valutata questa problematica. Lasciare vuoti edifici di questo tipo comporterebbe un degrado incommensurabile per le città in cui insistono, diventando potenzialmente problemi di ordine estetico, urbanistico e sociale la cui soluzione potrebbe essere estremamente complessa quando non impossibile.

Luca Craia