Quali danni producono i negozi aperti di domenica? Innanzitutto,
bisogna ragionare diversamente tra piccolo commercio e grande distribuzione. Il
piccolo commercio, in linea di massima e fatte le dovute eccezioni, apre la
domenica per tenersi al passo con la grande distribuzione. Le aperture
domenicali, in realtà, sono un’invenzione recente nata appositamente per soddisfare
un’esigenza della grande distribuzione, mentre il commercio tradizionale ha
dovuto adeguarsi. Il vantaggio economico è indubbio per i centri commerciali mentre
per i piccoli negozi va valutato da caso a caso e, spesso, è esiguo se non
inesistente, in quanto le spese di apertura e per il personale possono essere
anche più importanti degli incassi.
Che le aperture domenicali danneggino i dipendenti è
lapalissiano: i commessi e gli addetti non hanno più un giorno di riposo che si
possa ritenere tale, non hanno più spazi per vivere con la propria famiglia,
vengono sottopagati se non sfruttati e non hanno margine di trattativa col
datore di lavoro.
Ma il danno diventa economico nei confronti di quel
commercio che non ha vantaggio nell’aprire di domenica in quanto non c’è un
reale ritorno in termini di incassi, ma che viene comunque danneggiato, in
particolar modo dalla grande distribuzione.
Poi c’è il danno sociale: è innegabile che le aperture
domenicali rendano i centri commerciali particolarmente attrattivi, spostando
una buona parte della gente che circola nei giorni festivi fuori dai centri
abitati, nella fattispecie dei centri storici. I danni sono evidenti: le nostre
città e i paesini stanno morendo, hanno chiuso i cinema, i bar e le pizzerie
galleggiano, le attività ricreative non esistono più. Socialmente questo si
traduce in degrado: le città vuote diventano habitat per criminalità e traffici
loschi, gli immobili perdono di valore, gli investimenti non sono più
appetibili.
Tutto questo a vantaggio della grande distribuzione che,
come è noto, è in mano a grandi gruppi internazionali e porta poca ricchezza al
nostro Paese. Mi pare abbastanza chiaro che le politiche che hanno portato a
questo stato di cose siano state dettate non tanto dalla volontà di
raggiungimento del bene comune ma da quella di favorire potenti gruppi
economici.
Il tentativo che il Governo Conte sta portando avanti, non
senza difficoltà, è apprezzabile perché cerca di riportare alla normalità il
commercio italiano, con vantaggi per lavoratori e operatori medio-piccoli. Ma
danneggia sicuramente la grande distribuzione che già sta correndo ai ripari
diffondendo notizie allarmistiche e non suffragate da dati certi, come la
perdita di posti di lavoro dovuta all’eventuale chiusura domenicale. La cosa, a
pensarci bene, è poco credibile: per un giorno di chiusura non si licenzierà
nessuno, si rivedranno soltanto le turnazioni con vantaggio dei lavoratori che
avranno almeno un giorno reale di riposo. Opporsi alla riforma che si sta
cercando di fare è soltanto un modo per continuare a favorire gruppi economici
che, del bene del nostro Paese, non hanno alcun interesse.
Luca Craia