La maldicenza è un male antico, atavico nei nostri
piccoli paesi, radicato nel dna delle persone e utilizzato come arma di
distruzione mirata ed efficace, talmente diffuso e noto in tutta Italia che il
compianto Ivan Graziani ci scrisse un pezzo bellissimo e di successo, “Maledette
Malelingue”. Di solito la maldicenza si costruisce così: si parte con un’allusione
riferita in maniera vaga, senza nominare l’oggetto della stessa, da cui si
passa alla rivelazione, in assoluto privato e segreto, del nome del reo. Anche
nel ventunesimo secolo, con l’avvento dei social e dei segreti pubblicati negli
status di Facebook, la maldicenza rimane formidabile strumento di attacco e di
offesa, anzi, diventa ancora più potente grazie alla diffusione veloce e
capillare.
Questo strumento, nell’antichità ancestrale degli
italici paesini, era pratica specifica delle comari, delle vergare, delle
donnette di casa. Oggi, coi social, ne hanno scoperto e apprezzato le qualità
offensive anche i politici che lo usano con estrema disinvoltura. Così ecco
apparire frasi più o meno sibilline che accusano, mettono a nudo un difetto,
raccontano fatti ritenuti vergognosi senza però rivelare il protagonista degli
stessi, col sottinteso intento di confidarlo al curioso in maniera esclusiva a
quattrocchi o su Whatsapp.
Quando la maldicenza viene utilizzata da un
amministratore pubblico è, secondo me, un fatto gravissimo. Intendiamoci: è
gravissimo comunque, perché mette alla berlina le persone raccontando quasi
sempre cose false oltretutto adattabili, nell’immaginario collettivo, a
chiunque possa meritarsi l’adattamento. Ma l’amministratore pubblico che, sul
proprio profilo Facebook, scrive, per esempio, riferendosi non si sa bene a chi
ma presumibilmente a un avversario, un competitor, qualcuno che gli sta sul
gozzo, “basterebbe che tutti i creditori si trovassero in piazza per
renderla più piena de Veregra Street” commette un fatto di una gravità inaudita. Primo perché un
amministratore pubblico dovrebbe avere una condotta ineccepibile e non dovrebbe
scadere in questi perversi biechi e puerili meccanismi per ottenere vantaggi
personali e politici; secondo, cosa più importante, un amministratore pubblico
è nella facoltà di accedere a dati riservati e questo ammiccare sul giochino
del “so ma non rivelo”, dell’“eh, sapessi”, è un autentico abuso di potere
unito a uno sfruttamento della propria posizione istituzionale a scopo
intimidatorio.
Questo accade a Montegranaro, ma immagino accada in
molti altri luoghi. Non ci si scandalizza nemmeno, tanto la cosa è di uso
comune. Eppure io mi scandalizzo, e chiedo a chi si assume la responsabilità di
amministrare un paese, una maggiore responsabilità, un maggiore impegno, un
livello decisamente più alto. Il livello, invece, è davvero infimo,
vergognosamente basso, pericolosamente minaccioso. Non fa che lasciar prevedere
un fosco futuro.
Luca
Craia