L’uomo ha bisogno di odiare qualcuno. Il bisogno di
odio è pari quasi al bisogno di amore. Oggi, grazie ai social, odiare e dare
sfogo al proprio bisogno di odiare è diventato facile, asettico, per niente
impegnativo. Si può odiare qualcuno che nemmeno si conosce e scaraventargli
addosso tutto l’odio che si ha dentro, accumulato nella vita reale e traslato,
come una catarsi fisica e psichica, sul primo che scrive o manifesta qualcosa
che minimamente stuzzica i nostri sensi contrari. Il social non è luogo di incontro
e confronto, non è palestra di esercizio dialettico costruttivo, ma è solo uno
scarico fetido dove riversare la propria cattiveria.
Lo ha imparato a proprie spese il noto campione di volley,
Ivan Zaytsev, vittima di un’orda barbarica scatenata che l’ha letteralmente,
per quanto virtualmente, scarnificato per aver espresso la propria opinione sui
vaccini. Un’opinione si può condividere o si può confutare, ma ormai si è
arrivati a un punto tale di degenerazione che si punta dritto al ferimento
emotivo e personale del presunto avversario, solo perché non si è d’accordo con
lui.
La storia è vecchia e chiunque si cimenti sui social
in qualcosa di diverso dal cazzeggio ha dovuto imparare a gestire, per quanto
possibile, l’attacco degli odiatori. E questo avviene quasi quotidianamente,
qualsiasi sia l’argomento tu tratti devi sempre fare i conti con chi non la
pensa come te che, però, anziché discutere civilmente, difendendo la propria
opinione e confrontandosi, insulta, aggredisce, ferisce virtualmente con una facilità
impressionante, cosa che difficilmente, nella vita reale e nei rapporti umani
fisici, si verifica con tanta violenza e cattiveria.
Nel mio piccolo ho sperimentato la cosa in mille
modi. Addirittura è nata una pagina Facebook creata appositamente per
screditarmi e deridermi, opportunamente oscurati nell’anonimato consentito dai
social. Ma ci sono altri anonimi che saltuariamente non mi lesinano odio e
minacce, insulti a me e alla mia famiglia. Più i vari decelebrati di turno che
mi riempiono messanger di insulti e la pagina di commenti offensivi. Non si
riesce a farci l’abitudine, perché alla cattiveria non ci si abitua. Ci si
abitua, questo sì, a gestire la cosa da soli, perché chi la pensa come te usualmente
si guarda bene di venire in tuo soccorso, ti lascia in balia delle fiere,
magari provando un po’ di pena, poca poca.
Questo è il modo virtuale. Il pericolo è che tanta
violenza virtuale possa diventare reale, perdendo l’inibizione che, vivaddio,
ancora esiste nei rapporti fisici ed equiparando il mondo elettronico a quello
concreto. A quel punto saremmo davvero nella nuova età della pietra, per quanto
digitale e tecnologica.
Luca Craia