Si presentarono in pompa magna in cinque, al pranzo
del centro estivo dei pensionati, al mare, a mangiare il pesce. Erano stati
invitati, del resto, mica potevano mancare, anche perché erano in piena
campagna elettorale e trovarsi a tavola con cinquanta signori che pendevano
dalle tue labbra e ti pagavano pure da mangiare è una cosa che non capita tutti
i giorni. Arrivano allo chalet puntualissimi all’ora di pranzo, vestiti di
tutto punto che pareva andassero a un matrimonio più che a un pranzo in
spiaggia: il Sindaco con la fascia e l’abito della cresima dell’ultimogenito,
il vicesindaco in completo grigio, cravatta regimental e fascia sintetica da
sindaco di riserva, l’assessore ai servizi sociali con un paio di fogli dove si
era appuntato qualcosa da dire nel caso si fosse trovato costretto ad aprire
bocca non soltanto per mangiare, e gli assessori ai lavori pubblici e alla
nettezza urbana che non c’entravano niente ma quando c’è da magnà non mancano
mai.
Il pranzo si volse come da copione: ogni tanto si
alzava qualcuno della claque a urlare “viva il Sindaco!” con lo stesso cipiglio
e impostazione vocale di quello che urla “viva gli sposi” ai matrimoni. Il
Sindaco non risparmiò sui sorrisi, sui complimenti e sulla maldicenza nei
confronti dell’opposizione. Il Vicesindaco lavorò di fino per evitare di
schizzarsi col sugo ma fu tradito da uno scampo maledetto che gli schizzò un
fiotto oleoso sulla cravatta, procurandogli viva preoccupazione per il rientro
a casa e le immancabili rimostranze della moglie. L’assessore ai servizi
sociali poté tranquillamente evitare di usare i suoi appunti, tanto non se lo
filò nessuno, e si dedicò con perizia alle cozze e alle cucciolette. Gli altri
due gareggiarono a chi mangiava più gamberi e la tenzone si concluse con un ex
equo.
Alla fine, quando erano tutti satolli, un signore si
incaricò di riscuotere la quota di partecipazione. Si alzò e cominciò a girare
per il tavolo raccogliendo i soldi ma, quando si avvicinò ai cinque
amministratori, l’organizzatrice lo incenerì con lo sguardo da lontano
facendogli cenno di no, che quelli non dovevano pagare. Ma il nostro non se ne
preoccupò e chiese per primo al sindaco di versare la propria parte. Il Sindaco
impallidì, balbettò, fu preso da uno spasmo al labbro superiore ma tirò fuori
il portafogli e pagò. Il Vicesindaco, che non si era accorto di nulla perché occupato
a strofinare la cravatta regimental macchiata sperando di evitare l’ira funesta
della consorte, alla richiesta di denaro si bloccò, con una lacrima fece una
variazione di bilancio al volo e tirò fuori il portafogli. L’assessore ai
servizi sociali, onde evitare di dover dire troppe parole, preparò i soldi
prima che gli venissero chiesti. Gli altri due tentarono la fuga, ma avevano
mangiato troppo e furono presi dall’affanno nei pressi delle porte del bagno
dove il riscossore li placcò senza difficoltà e si fece consegnare la loro
quota.
La morale della favola è che puoi farti grosso, parlare
male, approfittare degli altri e del tuo potere, ma prima o poi le tue azioni
tocca pagarle.
E pure quello che ti mangi.
Luca Craia