venerdì 27 luglio 2018

Le storie di Monte Franoso: lo scampo elettorale non dà scampo.


Si presentarono in pompa magna in cinque, al pranzo del centro estivo dei pensionati, al mare, a mangiare il pesce. Erano stati invitati, del resto, mica potevano mancare, anche perché erano in piena campagna elettorale e trovarsi a tavola con cinquanta signori che pendevano dalle tue labbra e ti pagavano pure da mangiare è una cosa che non capita tutti i giorni. Arrivano allo chalet puntualissimi all’ora di pranzo, vestiti di tutto punto che pareva andassero a un matrimonio più che a un pranzo in spiaggia: il Sindaco con la fascia e l’abito della cresima dell’ultimogenito, il vicesindaco in completo grigio, cravatta regimental e fascia sintetica da sindaco di riserva, l’assessore ai servizi sociali con un paio di fogli dove si era appuntato qualcosa da dire nel caso si fosse trovato costretto ad aprire bocca non soltanto per mangiare, e gli assessori ai lavori pubblici e alla nettezza urbana che non c’entravano niente ma quando c’è da magnà non mancano mai.
Il pranzo si volse come da copione: ogni tanto si alzava qualcuno della claque a urlare “viva il Sindaco!” con lo stesso cipiglio e impostazione vocale di quello che urla “viva gli sposi” ai matrimoni. Il Sindaco non risparmiò sui sorrisi, sui complimenti e sulla maldicenza nei confronti dell’opposizione. Il Vicesindaco lavorò di fino per evitare di schizzarsi col sugo ma fu tradito da uno scampo maledetto che gli schizzò un fiotto oleoso sulla cravatta, procurandogli viva preoccupazione per il rientro a casa e le immancabili rimostranze della moglie. L’assessore ai servizi sociali poté tranquillamente evitare di usare i suoi appunti, tanto non se lo filò nessuno, e si dedicò con perizia alle cozze e alle cucciolette. Gli altri due gareggiarono a chi mangiava più gamberi e la tenzone si concluse con un ex equo.
Alla fine, quando erano tutti satolli, un signore si incaricò di riscuotere la quota di partecipazione. Si alzò e cominciò a girare per il tavolo raccogliendo i soldi ma, quando si avvicinò ai cinque amministratori, l’organizzatrice lo incenerì con lo sguardo da lontano facendogli cenno di no, che quelli non dovevano pagare. Ma il nostro non se ne preoccupò e chiese per primo al sindaco di versare la propria parte. Il Sindaco impallidì, balbettò, fu preso da uno spasmo al labbro superiore ma tirò fuori il portafogli e pagò. Il Vicesindaco, che non si era accorto di nulla perché occupato a strofinare la cravatta regimental macchiata sperando di evitare l’ira funesta della consorte, alla richiesta di denaro si bloccò, con una lacrima fece una variazione di bilancio al volo e tirò fuori il portafogli. L’assessore ai servizi sociali, onde evitare di dover dire troppe parole, preparò i soldi prima che gli venissero chiesti. Gli altri due tentarono la fuga, ma avevano mangiato troppo e furono presi dall’affanno nei pressi delle porte del bagno dove il riscossore li placcò senza difficoltà e si fece consegnare la loro quota.
La morale della favola è che puoi farti grosso, parlare male, approfittare degli altri e del tuo potere, ma prima o poi le tue azioni tocca pagarle.
E pure quello che ti mangi.

Luca Craia