Vi replico tutto intero un articolo di Repubblica
datato 25 marzo 1997, quando i respingimenti in mare li faceva qualcun altro.
Così, tanto per stimolare le memorie corte. Mi esimo dai commenti. Fate voi.
Luca Craia
BLOCCO NAVALE PER FERMARE GLI ALBANESI
BRINDISI - Gli albanesi sparano con un kalashnikov, la
Marina risponde con un blocco navale: da ieri è scattata la linea dura. Non
sono più profughi, ma immigrati non in regola. E quindi vanno respinti. Ma l'
Italia non si limiterà a 'blindare' il canale d' Otranto; invierà anche cibo e
medicinali in Albania, oltre a impegnarsi per la ricostruzione delle strutture
statali. Ieri sera il presidente del Consiglio Romano Prodi e il premier
albanese Bashkim Fino hanno trovato a Roma un accordo per un piano anti-esodo:
pattugliamento e aiuti, appunto, con l' obiettivo finale "di ripristinare
il funzionamento della vita civile, economica e politica del Paese fino alle
libere elezioni politiche che dovranno presumibilmente avvenire nel prossimo
mese di giugno", dice Prodi. Aggiunge Fino: "Noi siamo d' accordo che
l' Italia pattugli tutto l' Adriatico per fermare questo esodo, perché i
problemi albanesi devono risolverli gli albanesi stessi in Albania". L'
intesa tra Roma e Tirana arriva dopo due ore di riunione a Palazzo Chigi, ma
soprattutto dopo una giornata di tensione, iniziata con la prima sparatoria nel
mare della disperazione. Sono le 11, il porto di Brindisi è blindato. "Ci
hanno sparato addosso, ci hanno sparato addosso", ripete, correndo, il
comandante della Capitaneria di porto, Giovanni Bisio. Il vecchio mercantile
Haftetato, che un tempo era bianco e blu, è carico di 353 persone, molte donne
con bambini. Da lì hanno sparato contro la Marina: colpi di kalashnikov sono
stati esplosi proprio all' ingresso del porto, quando il peschereccio ha
tentato d' entrare e una motovedetta ha cercato di convincerlo a tornare in
Albania. I colpi sono andati a vuoto. L' arma non è stata trovata a bordo, ma
quasi sicuramente è stata gettata in mare. Ritrovati, invece, un bossolo e due
cartucce. Passano dieci minuti, i marò del battaglione San Marco si schierano.
Sale la tensione. Un cordone circonda gli albanesi che vengono perquisiti. Il
comandante del mercantile è portato in Questura. Gli immigrati restano nella
stazione marittima dove finora sono arrivati quasi ottomila albanesi. In serata
100 verranno portati nell' ex caserma Carafa. "Da oggi si cambia",
mormora il comandante della Capitaneria annunciando: "Abbiamo disposizioni
rigide sul respingimento". Ancora pochi minuti, e arriva l' avallo
ufficiale, o quasi, quando il sottosegretario agli Interni, Giannicola Sinisi
spiega: "Il fenomeno è mutato di nuovo: sulle nostre coste non stanno
arrivando più profughi, gente spaventata, ma uomini e donne che vengono da zone
dove la rivolta non è neppure arrivata. Cercano una vita migliore, un lavoro
più redditizio, sono, insomma, immigrati".
Ufficialmente le nuove disposizioni date alla Marina
parlano di "opera di convincimento". In pratica, è un blocco navale.
Le fregate Sagittario e Aviere e le corvette Driade e Urania hanno avanzato il
loro fronte di manovra, quasi ai limiti delle acque territoriali albanesi:
dovranno intercettare i pescherecci di immigrati e convincerli a rientrare in
Albania. Senza usare la forza. L' operazione è riuscita col peschereccio Nikdei
Cervo, 150 persone a bordo, accostato dalla Sagittario a 20 miglia da Otranto.
Con i megafoni gli italiani hanno annunciato il rimpatrio immediato. Il
peschereccio ha fatto dietrofront, nonostante un' avaria. La fregata italiana
l' ha seguito sino a 3-4 miglia da Durazzo. Stesso trattamento per il
mercantile Hasamarai. Riesce a 'bucare' il blocco, invece, la nave Kolemi, 300
a bordo: a tarda sera era segnalata a 10 miglia da Brindisi, scortata da un
rimorchiatore e due motovedette.
Il blocco, però, non è una deroga alla legge del mare,
cioè alla convenzione internazionale sulla ricerca e sul salvataggio marittimo,
adottata ad Amburgo il 27 aprile del 1979. L' Italia vi ha aderito con la legge
del 3 aprile 1989 e con un successivo regolamento. La convenzione di Amburgo
impegna i governi ad adottare "ogni provvedimento" legislativo o
altro provvedimento appropriato, necessari a dare pieno effetto alla
convenzione sul soccorso marittimo che il decreto di adesione dell' Italia
indica in "tutte le attività finalizzate alla ricerca e al salvataggio
della vita umana in mare". Non sarà facile per la Marina Militare
coniugare i princìpi umanitari con la nuova linea dura adottata dal Governo. E
una linea dura è stata scelta anche dalla Procura della Repubblica di Brindisi:
arresto immediato per comandanti ed equipaggi albanesi. "Superata la prima
fase dell' esodo - spiega il procuratore Bruno Giordano - che presumibilmente è
stato volontario, ora pare che il discorso sia cambiato. La seconda fase dell'
esodo, la più massiccia, pare venga organizzata e gestita dalla malavita locale
albanese che praticamente ha assunto il monopolio del trasporto dei profughi,
soprattutto da Valona e da Durazzo". Il procuratore Giordano aggiunge:
"Si sale su un peschereccio o su un natante qualsiasi solo pagando il
pedaggio, tant' è che, secondo alcune testimonianze da noi raccolte, ci sono
personaggi nelle zone di imbarco che consentono di salire a bordo solo se
paghi, lasciando a terra chi, pur volendo fuggire dall' Albania, non ha i soldi
per pagare questa potente organizzazione di traghettatori". Per questo
motivo la Procura di Brindisi ha "motivo di ritenere - conclude Giordano -
che i componenti gli equipaggi dei mezzi navali, siano conniventi a pieno
titolo con questi sfruttatori". Organizzazioni che, secondo il questore
Antonio Ruggiero "fanno uso di armi o di altri metodi cruenti per
intimidire i clandestini e indurli all' omertà".
(da La Repubblica del 25 marzo 1997)
(da La Repubblica del 25 marzo 1997)