martedì 5 giugno 2018

Burocrazia che uccide, il terremoto dell’insensibilità (e della stupidità).


C’è un minimo di giocate annue da raccogliere, per poter mantenere il contratto con i Monopoli di Stato (si badi bene, di Stato, Stato lo sottolineo) della propria ricevitoria. Se non si raggiunge la cifra di 20.658,28 Euro, il Monopolio si riprende tutto: licenza, macchinetta, possibilità di lavorare. E non è che glie ne freghi qualcosa se c’è stato il terremoto, due anni fa, che sei stato chiuso, se l’utenza si è ridotta da morire, se questa è la tua sola possibilità di continuare a campare nella tua terra, a casa tua. Il Monopolio ragiona come una macchina, con il sistema binario: produci-resti, non produci-te ne vai. E questo accade davvero, mica è una barzelletta. Accade nel cratere, non vi dico esattamente dove per non mettere in difficoltà il protagonista di questa storia che, comunque, sarà graziato dagli stessi Monopoli, bontà loro, perché in quel Comune, tolta quella ricevitoria, non ce ne sarebbero altre, quindi prima si revoca e poi, magnanimamente, si concede la possibilità di campare.
Altra storia, anche peggiore, altra profonda tristezza: qui siamo a Fiastra dove, dopo il terremoto, un commerciante ha trasferito il proprio bar e tabacchi in un container. Pensando positivamente, con l’arrivo della bella stagione e la speranza che vengano turisti, il nostro commerciante ha pensato di costruire una pensilina prefabbricata, del tutto removibile, in modo da dare un miglior servizio alla clientela. Per farlo, volendo essere nel pieno rispetto delle regole, ha fatto tutte le domande del caso con i modelli del caso agli uffici del caso. La stagione è già cominciata ma nessuno ha ancora risposto.
Tutto questo per dire come vanno le cose col terremoto, perché il problema è senz’altro la ricostruzione che non parte ma, anche la ricostruzione del tessuto sociale, dell’economia, di quei motivi che fanno dire a un terremotato “resto” anziché “vado via” è ben lungi dall’essere in atto. E forse è proprio quello che si vuole.

Luca Craia