martedì 3 aprile 2018

La polemica di Pasqua, l’ipocrisia e la voglia di sangue dei social network.


I social network vogliono il sangue. L’utente medio di Facebook ha una voglia matta di menare le mani, ma solo in senso virtuale, sfogando le proprie frustrazioni, ansie, angosce in un mondo che sembra reale ma non lo è e che gli permette di sentirsi super senza sporcarsi le mani, con la presunzione di poter resettare tutto nel caso si sbagli qualcosa. Il problema è che questa sindrome del reset e questa voglia di violenza verbale, quest’ansia di cercare una vittima da sacrificare alla propria necessità di sfogarsi, è passata dall’utente singolo a chi fa informazione e la dovrebbe fare in maniera seria. E allora tutto il gioco diventa pericoloso.
Il Giovedì Santo di quest’anno ha fornito ai giustizieri del web, ai moralisti sempre pronti a trovare nell’altro qualcosa da mortificare, un’occasione ghiottissima: fare la morale in genere e prendersela ancora una volta con la Chiesa, con gli odiati preti che sono tutti pedofili e che si fregano l’otto per mille. La pochezza del ragionamento di massa, anche in questo caso, è stata stimolata da notizie date da quotidiani blasonati e presunti seri, come Il Corriere della Sera o Il Fatto Quotidiano, ma anche da innumerevoli testate più o meno importanti.
Il fatto, asciutto e senza fronzoli, è questo: due frati, a Manduria, celebrano i riti del Giovedì Santo, che prevedono la lavanda dei piedi dei fedeli, in ricordo di quanto fece Gesù con gli Apostoli. Uno dei due frati concelebranti decide, prima della messa, di non lavare i piedi ad alcune delle dodici persone predisposte per il rito dall’altro frate, persone che erano immigrati attivi presso la Caritas parrocchiale. Stop. La notizia è questa, non ci sono altre informazioni, non c’è la spiegazione della decisione del frate, c’è solo il resoconto del fatto e della presunta indignazione dei fedeli che sarebbero saltati per aria accusando, non sul posto, ovviamente, ma sui social network, a casa, in poltrona, i frati di razzismo. E l’accusa di razzismo viene ripresa dai giornali che, però, non pensano affatto di approfondire e di fornire al lettore qualche dato in più per poter giudicare. Il giudizio è già formulato: si tratta inequivocabilmente di razzismo. E non c’è appello né altra spiegazione possibile.
Che la massa degli utenti dei social possa dare sfogo ai peggiori istinti con una notizia del genere mi pare ormai normale, c’è solo da rassegnarsi. Ma che l’informazione formuli essa stessa un giudizio senza approfondire, senza andare a chiedere il perché del gesto dei frati, quali motivazioni ci fossero dietro, credo sia piuttosto grave. Personalmente non so se si tratti di razzismo o no, non ho dati sufficienti per formulare un giudizio. Può darsi che lo sia, ma non abbiamo le informazioni necessarie per stabilirlo. 
Sarebbe bello che tutti si ponessero la domanda che mi sono posto io, ossia perché il frate non ha officiato con gli immigrati, prima di strapparsi le vesti, ma sappiamo che questo non potrà mai accadere, per la voglia di violenza, per l’ipocrisia imperante, per la necessità assoluta del capro espiatorio. Ma dalla stampa mi aspetterei maggiore serietà.

Luca Craia