Eppure qualcuno
che ancora manifesta la propria rabbia c’è. Magari è un lupo solitario, uno che
non ha Facebook con i suoi gruppi mansueti guidati da abili ammaestratori di
regime, magari è uno che non è facile a farsi venire la lacrimuccia pilotata,
magari è uno la cui intelligenza supera quella dei pur dotatissimi comunicatori
del volemosebbene, magari è uno che i girotondi li ha fatti all’asilo e ora di abbracciarsi
tutti e cadere insieme per terra non ha proprio voglia. Magari è uno che è
davvero arrabbiato.
E ha
ragione a essere arrabbiato, perché i motivi per esserlo ci sono e sono
gravissimi. Sono gli stessi motivi di un anno fa, solo che è passato un anno e
non è stato risolto niente, o quasi niente. La scritta che è comparsa in un
foglio vergato a mano attaccato sul vetro di una roulotte, a Castelluccio, a
1500 metri sul livello del mare, dove comincia a far freddo sul serio e tra
poco farà un freddo boia, ma boia davvero, di quelli che ti ammazzano.
È una
scritta che sintetizza, dice tutto in poche parole, gronda rabbia, voglia di
giustizia, abbaglia di accuse alle istituzioni, colpisce per la sua cruda
verità. “Dopo quattordici mesi dal terremoto” leggiamo “non c’è ancora un
rifugio per ripararsi dalle intemperie”. Informa il lettore, magari augurandosi
che sia qualcuno che ricopra un ruolo decisionale, magari augurandosi che la
gente capisca il messaggio, che qualcuno cominci a fare i conti con la propria
coscienza: “A 1500 metri è difficile resistere al generale Inverno senza alcun
riparo, le temperature arrivano a 30/35 gradi sotto lo zero”. Chissà se ad
Ancona lo sanno. Chissà a Roma. Chissà se i vari professionisti
che stanno pascolando col terremoto predicando il verbo della pace, della
rassegnazione, della poca speranza, si rendono conto di questo.
“Nessuna
iniziativa è stata presa a favore della popolazione” dice quel foglio scritto a
mano. Ed è vero a Castelluccio come a Ussita, a Castelsantangelo come ad
Arquata. In verità qualche iniziativa c’è stata ma si è persa nella smania di
placare gli animi, di smorzare la rabbia, di evitare nuove manifestazioni di
protesta, magari eclatanti, di superare il rischio di finire in televisione e
sui giornali, quelli grossi, quelli che legge tutta Italia.
“Ciò
che non ha fatto il terremoto, forse riescono le istituzioni”. E non c’è altro
da dire.
Luca Craia
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