Non volevo tornare più sulla storia tristissima di Peppina, la
novantacinquenne terremotata di Fiastra che lo Stato voleva cacciare, anzi, aveva
cacciato dalla sua casetta di legno più o meno abusiva. Non ci volevo tornare perché
ne avevo già parlato e non è che avessi granchè da aggiungere, ma anche perché,
onestamente, la gara scattata sui social per farcisi la foto insieme, dopo le
prime spontanee e opportune visite di solidarietà che hanno generato la solita
emulazione e ricerca di luce riflessa, mi ha un po’ infastidito. Ci torno non
per raccontare qualcosa di nuovo ma per fare un ragionamento.
Peppina veniva scacciata dalla sua casetta a rigor di legge, e questo
mi pare che sia inequivocabile. La casetta è stata costruita senza i prescritti
permessi e, quindi, volendo essere, appunto, rigorosi, è illegale. Il punto è
un altro ed è stato detto e ripetuto non solo da me: la legge non può essere
una cosa meccanica e inarrestabile; la legge di un paese sedicente civile
dovrebbe avere dei meccanismi di autoadattamento alle situazioni estreme e, se
un terremoto che sbriciola decine di paesi e distrugge altrettante comunità non
è una situazione estrema, non saprei quale altro esempio usare. Quindi la
storia di Peppina dimostra come il nostro sistema legislativo riguardo alle
emergenze, in un Paese in cui le emergenze, purtroppo, sono il pane quotidiano,
non sia affatto all’altezza e mastichi le persone come una vacca mastica il
fieno.
Ora però pare che Peppina potrà restare nella sua casetta di legno,
abusiva o non abusiva che sia perché, se era abusiva al punto da mandare i
Carabinieri a portare fuori di casa l’anziana signora, non si capisce come
adesso non lo sia più. Anzi, lo si capisce. Se della storia di Peppina non si
fosse interessato mezzo mondo, se non ci fossero stati i tanto vituperati “santoni”
del web come il sottoscritto a parlarne e a farla conoscere, non si sarebbero
mosse le folle solidali. Se non si fossero mosse le folle solidali non
sarebbero arrivate le telecamere delle televisioni nazionali. Se non fossero
arrivate le telecamere delle televisioni nazionali, della storia di Peppina non
sarebbe fregato niente a nessuno. Non si sarebbe mosso Sciapichetti, non si
sarebbe mossa la nuova Commissaria per il Terremoto, non si sarebbero mossi
tutti i politici di questa italietta fascistoide e surreale. E Peppina se ne
sarebbe andata dalla sua casetta abusiva, magari a morire di crepacuore in
qualche residence della costa con buona pace delle Istituzioni.
E il punto è questo: se ora risolviamo, vivadio, il problema di
Peppina, non risolviamo le cause che lo hanno generato. E se non risolviamo le
cause che lo hanno generato, domani ci sarà una nuova Peppina della quale, magari,
non si accorgerà nessuno e che potrà morire poco serenamente di crepacuore nell’indifferenza
generale. Uno Stato moderno e civile non può essere elastico e umano solo a
favore di telecamera, solo per tema della sputtanata mediatica, solo per
consentire al politicuccio di turno di fare la sua passerella e mostrare la sua
pelosissima magnanimità. E questa, forse, è la parte più triste di tutta la
storia.
Luca Craia
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