mercoledì 20 settembre 2017

Peppina resta a casa ma non si sa perché. Anzi, si sa.

Non volevo tornare più sulla storia tristissima di Peppina, la novantacinquenne terremotata di Fiastra che lo Stato voleva cacciare, anzi, aveva cacciato dalla sua casetta di legno più o meno abusiva. Non ci volevo tornare perché ne avevo già parlato e non è che avessi granchè da aggiungere, ma anche perché, onestamente, la gara scattata sui social per farcisi la foto insieme, dopo le prime spontanee e opportune visite di solidarietà che hanno generato la solita emulazione e ricerca di luce riflessa, mi ha un po’ infastidito. Ci torno non per raccontare qualcosa di nuovo ma per fare un ragionamento.
Peppina veniva scacciata dalla sua casetta a rigor di legge, e questo mi pare che sia inequivocabile. La casetta è stata costruita senza i prescritti permessi e, quindi, volendo essere, appunto, rigorosi, è illegale. Il punto è un altro ed è stato detto e ripetuto non solo da me: la legge non può essere una cosa meccanica e inarrestabile; la legge di un paese sedicente civile dovrebbe avere dei meccanismi di autoadattamento alle situazioni estreme e, se un terremoto che sbriciola decine di paesi e distrugge altrettante comunità non è una situazione estrema, non saprei quale altro esempio usare. Quindi la storia di Peppina dimostra come il nostro sistema legislativo riguardo alle emergenze, in un Paese in cui le emergenze, purtroppo, sono il pane quotidiano, non sia affatto all’altezza e mastichi le persone come una vacca mastica il fieno.
Ora però pare che Peppina potrà restare nella sua casetta di legno, abusiva o non abusiva che sia perché, se era abusiva al punto da mandare i Carabinieri a portare fuori di casa l’anziana signora, non si capisce come adesso non lo sia più. Anzi, lo si capisce. Se della storia di Peppina non si fosse interessato mezzo mondo, se non ci fossero stati i tanto vituperati “santoni” del web come il sottoscritto a parlarne e a farla conoscere, non si sarebbero mosse le folle solidali. Se non si fossero mosse le folle solidali non sarebbero arrivate le telecamere delle televisioni nazionali. Se non fossero arrivate le telecamere delle televisioni nazionali, della storia di Peppina non sarebbe fregato niente a nessuno. Non si sarebbe mosso Sciapichetti, non si sarebbe mossa la nuova Commissaria per il Terremoto, non si sarebbero mossi tutti i politici di questa italietta fascistoide e surreale. E Peppina se ne sarebbe andata dalla sua casetta abusiva, magari a morire di crepacuore in qualche residence della costa con buona pace delle Istituzioni.
E il punto è questo: se ora risolviamo, vivadio, il problema di Peppina, non risolviamo le cause che lo hanno generato. E se non risolviamo le cause che lo hanno generato, domani ci sarà una nuova Peppina della quale, magari, non si accorgerà nessuno e che potrà morire poco serenamente di crepacuore nell’indifferenza generale. Uno Stato moderno e civile non può essere elastico e umano solo a favore di telecamera, solo per tema della sputtanata mediatica, solo per consentire al politicuccio di turno di fare la sua passerella e mostrare la sua pelosissima magnanimità. E questa, forse, è la parte più triste di tutta la storia.

Luca Craia




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