martedì 1 agosto 2017

Visso: prove di rinascita



Ce la stanno mettendo tutta, a Visso, Ussita e Castelsantangelo, per rimanere vivi. E ci stanno riuscendo, nonostante tutto e nonostante le difficoltà reali e quelle create da incompetenza e malafede di chi dovrebbe, invece, risolverle, le difficoltà. Sono gli irriducibili, volontà ferrea e attaccamento viscerale alla loro terra. Se parli con loro non puoi non diventare uno di loro, anche solo con l’anima, perché questo amore profondo per il posto che gli appartiene e a cui appartengono è così forte che non può non essere contagioso.
Ognuno di loro ha un’attività e deve lavorare per vivere. Non ci sono persone che campano di rendita, in mezzo a questa gente attiva e generosa. Quello che fanno lo fanno oltre all’impegno quotidiano per vivere. Eppure, da quando la loro terra è stata ferita quasi mortalmente, non hanno smesso un minuto di lottare per farla restare viva, per farla tornare all’antico splendore. Iniziative di protesta, prese di posizione anche forti ma anche lavoro, organizzazione di eventi, contatti con la solidarietà vera che ha portato benefici veri e concreti alla gente.
Si punta anche al turismo, dalle parti dell’Alto Nera, ma non a quello mordi e fuggi, bensì a quello che si fidelizza, a quello che torna. Si punta a riportare la gente in quelle terre così ospitali e ricche di offerte squisite e stuzzicanti sia gastronomicamente che culturalmente. C’è sempre stato un flusso turistico notevole a Visso, Ussita e Castelsantangelo. Si sta cercando di farlo rinascere creando eventi che riabituino la gente a frequentare stabilmente quei luoghi, eventi in cui sono coinvolte direttamente le attività economiche locali che possono lavorare, guadagnare e pensare al futuro sia quel giorno che nei giorni successivi.
È un lavoro importante, impegnativo e complesso, quello degli amici di Visso e dintorni. È un lavoro che va sostenuto in tutti i modi, anche soltanto iscrivendosi alla loro pagina Facebook (clicca qui) e condividendo il loro messaggio perché questo arrivi lontano. Qui non ci sono i soldi pubblici, qui non ci sono grandi nomi. Qui c’è soltanto gente innamorata della propria terra che lotta per farla vivere. Sosteniamoli.

Luca Craia

Arrivano gli aiuti alle famiglie. L’impegno reale del Comune di Montegranaro contro la crisi.



Poi non dite che il Comune di Montegranaro è insensibile alle problematiche sociali, che non si occupa dei cittadini in difficoltà, che non prende provvedimenti per alleviare gli effetti nefasti della crisi. Dopo il Consiglio Comunale aperto sulla crisi, operazione che ha portato immensi benefici al tessuto sociale ed economico del paese anche grazie al fattivo impegno di illustri rappresentanti politici regionali e nazionali come Fabrizio Cesetti, Paolo Petrini e Francesco Verducci, solo per citarne alcuni, ora arrivano i soldi, quelli veri, da distribuire alle famiglie in difficoltà.
Sono ben 17.400 Euro, di cui 14.391 arrivano dall’Ambito Sociale mentre il Comune ci mette, bontà sua e con grande sforzo, rinunciando a un paio di panchine in travertino, ben 3.008 Euro. Sono soldi buoni che, ripartiti per 58 interventi, diventano ben 300 Euro a famiglia bisognosa: problemi risolti, cari miei. Se poi contiamo che la precedenza viene data a famiglie “con numero di figli pari o superiore a tre, in situazione di disagio economico e sociale” riesce facile immaginare quanti di questi contributi aiuteranno famiglie di origine italiana o residenti in Italia da più generazioni e quanti andranno dalle solite parti, con lo stesso meccanismo per cui, negli alloggi popolari, gli Italiani sono più rari delle mosche bianche, e quando dico bianche non lo dico per razzismo.
Comunque, chi ci volesse provare, trova qui il modulo per fare domanda:
Luca Craia

Giovani, sballo, morte, responsabilità. La civiltà dello sballo non vuole colpe.



Di chi è la colpa della morte di una ragazza di sedici anni, uccisa da una pasticca di exstasy? Sua, diranno in molti, e non a torto, perché a sedici anni dovresti essere cosciente di quello che stai facendo. Degli amici maggiorenni che glie l’hanno data, dice la nostra società, trovando così il colpevole più facile. Dello Stato che non legalizza le droghe, dicono gli intellettuali di sinistra, pensando che sostituire lo Stato alla mafia possa cambiare qualche cosa, quando lo Stato e la mafia sono già interconnessi.
Io credo che sia impossibile dare una colpa, se non al pusher e a chi produce questa roba. Oppure bisogna ragionare in termini molto ampli, partendo dalle famiglie per arrivare alla cultura della nostra epoca. Le famiglie giocano un ruolo fondamentale nell’educazione dei giovani e dovrebbero inculcare nei propri figli la repulsione per le sostanze che fanno perdere il controllo. Ma la cultura della nostra epoca, una cultura che parte dai lontani anni ’60 e da una generazione che ha fatto della droga una bandiera e dei paradisi artificiali una filosofia, ha assimilato lo sballo come una parte normale dell’esistenza. Questa normalità supera la norma e la legge ed è diventata parte integrante del pensare nostro e dei nostri figli.
Ecco allora il collegamento tra una pasticca assassina e lo spinello o, se vogliamo, l’alcool stesso. Ritiri di patenti, minacce di condanne esemplari per chi guida sotto l’effetto di sostanze sono provvedimenti che suonano vuoti e ipocriti fin quando ci sarà l’accettazione di fatto che lo sballo è parte integrante della vita, e l’unica cosa da evitare è guidare se si sta via di testa. Ma andare via di testa è normale, più che tollerabile, legalizzabile.
Ma serve un colpevole, il colpevole serve sempre. Ed ecco che, a pagare, saranno i compagni di giochi proibiti della vittima, due ragazzi la cui colpa principale è quella di essere maggiorenni più che di aver usato sostanze illegali. Ma di caccia al pusher non si parla. Di caccia all’organizzazione che sta dietro al pusher nemmeno. Di ragionare sul mondo della notte, del divertimento a ogni costo, del fare l’alba per forza aiutandosi con l’assunzione di chissà cosa, non ci passa manco per la testa. E chi lo fa è un bacchettone, uno che rema contro, un frustrato. Ecco, forse colpevoli lo siamo un po’ tutti.

Luca Craia