Qualche
anno fa, Stella Franceschetti, per i Montegranaresi, semplicemente, la maestra
Stella, mi regalò alcuni dei suoi manoscritti, tra i quali i “Quaderni di
Stelletta”. Sono racconti, aneddoti e leggende montegranaresi che, non fosse
stato per la sua passione e amore per questa terra, quasi certamente sarebbero
andati perduti. Oggi ve ne regalo uno. Godetevelo.
Luca
Craia
La
strada che da Santamaria unisce Montegranaro con Monte San Giusto, all'altezza
del supermercato Tigre, ha una biforcazione che porta alla caserma dei
Carabinieri e all'ospedale. Fino a una cinquantina d'anni fa questa strada era
poco più di un sentiero, fiancheggiato da campi coltivati, che finiva un poco
più in alto, davanti all'unica casa colonica che c'era, abitata da più
generazioni dalla stessa famiglia di mezzadri. L'inizio del sentiero era detto
"Lo Passo de Graziaplena", dal cognome dei proprietari del terreno.
Si
racconta che, in una notte fredda e nevosa, un uomo, forse colto da malore o
impossibilitato a proseguire per il maltempo, si rifugio dietro la siepe che
segnava l'inizio del sentiero. Il poveretto fu trovato morto il giorno dopo,
rannicchiato con le mani strette sul petto e le dita avvinghiate al mantello,
con gli occhi spalancati e la bocca aperta. Nessuno sapeva chi fosse: forse era
un viandante, forse un mendicante o un ambulante... chissà?! Nella posizione in
cui fu trovato non si capì nemmeno da quale direzione venisse o in quale
andasse.
La
notizia suscitò pietà e curiosità dando luogo a qualche supposizione. Se ne
parlò per qualche giorno, poi la cosa finì lì. Almeno così sembrava...
Poco
tempo dopo, però, un contadino, tornando a casa di sera, si spaventò moltissimo
vedendo sbucare all'improvviso, proprio da dietro la siepe del passo, un "lepre".
Sembrava impazzito: correva da un punto all'altro della strada, si fermava, si
girava nel mezzo come se cercasse qualcosa, poi ritornava a nascondersi dietro
la siepe. Probabilmente aveva la tana nelle vicinanze ed era stato disturbato
dai passi del contadino e dal rumore del suo scalpiccio sulla strada brecciata.
La cosa, però, si ripeté a distanza di poco tempo altre volte e altre ancora...
L'animale
fu cercato nei dintorni, ma nessuna tana fu trovata; fu così che cominciarono
le supposizioni e i tentativi di spiegazione, introdotti inizialmente con un
"forse", poi con un "quasi certamente", infine con un
"di sicuro". Alla fine quella apparizione divenne per tutti
"l'anima del morto" che aveva invano chiesto aiuto prima di morire.
Lo
si capiva dalla bocca rimasta aperta:
"poveretto! Chissà quanto avrà chiamato!" diceva la gente. Inoltre
era morto senza ricevere i sacramenti e la sua anima tormentata non riusciva a
salire in cielo. Per tanto tempo lo “lepre” fu avvistato, mentre continuava a
vagare sempre nello stesso luogo e nello stesso modo. Quel punto della strada
venne chiamato da tutti "lo passo della paura": chi lo attraversava,
di notte, era intimorito e addirittura si "segnava".
Tale
nome ieri sto fino a quando cominciarono ad essere costruite case, fabbriche,
ville e il sentiero diventò una larga strada asfaltata. Nelle case di campagna
superstiti, però, c'è ancora qualcuno che se ne ricorda per aver sentito
raccontare l'intera storia dai nonni.
Stella
Franceschetti