martedì 29 ottobre 2019

LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA: ELENA LEONARDI (FRATELLI D’ITALIA): UN’ALTRA BOCCIATURA PER LA SANITA’ DI CERISCIOLI

LA PERDITA DI BEN NOVE PUNTI IN UN ANNO E’ SINTOMO DI UNA DIMSOMOGENITA’ DI TRATTAMENTO E DIMINUZIONE NELL’APPROPRIATEZZA DELLE EROGAZIONI SANITARIE REGIONALI “


Comunicato integrale

Nuova bocciatura per la sanità marchigiana a dispetto degli annunci trionfalistici fatti dal Governo delle Marche negli ultimi mesi. Non lo dice solo l’opposizione regionale, tramite la capogruppo di Fratelli d’Italia, Elena Leonardi, bensì la verifica annuale del Ministero della Salute, tramite il cosiddetto Comitato LEA. “I dati che stanno uscendo” - esordisce Leonardi - sono sintomatici di una programmazione e gestione sanitaria regionale fallimentare: la perdita di ben nove punti in un anno, finendo sotto il livello di 200 e arrivando a 192, è preoccupante”. Difatti, continua la Vicepresidente della Commissione Sanità, avere un punteggio elevato significa anche poter accedere a maggiori finanziamenti grazie alla virtuosità del sistema sanitario regionale”.
Diversi indicatori pertanto forniscono un quadro impietoso che riguarda l’assistenza distrettuale, quella ospedaliera, e altri fondamentali indicatori delle politiche sanitarie regionali. Aver avuto in questi anni un Presidente di Regione anche assessore alla sanità e l’aver avuto sempre un occhi di riguardo verso la sanità privata oggi da purtroppo i suoi frutti negativi che ricadono sulle spalle dei marchigiani. Mentre la Giunta Regionale, tramite la Asur Marche, si preoccupa di indire concorsi per amministrativi, diminuiscono i posti letto e non c’è turnover di personale medico ed infermieristico.
Una performance negativa denota – prosegue Leonardi – condizioni, in alcuni casi, di inappropriatezza e di inefficienza nell’utilizzo delle risorse con disparità di trattamento tra i vari territori regionali.
Il Piano Sanitario Regionale non va certo, così come strutturato, nella direzione contraria, se non venissero accettati I tanti emendamenti formulati dalle opposizioni ma anche da esponenti della maggioranza. La sottoscritta ne ha depositati circa cinquanta, volti ad un riequilibrio tra aree interne e zona costiera (ad esempio la tutela e il potenziamento dei presidi di Cingoli e Pergola, tra gli altri) e al rispristino di servizi essenziali negli Ospedali di Comunità oltre che la necessità di una diagnostica moderna ed al passo con le altre regioni che hanno punteggi molto più elevati del nostro.



Le cose che ci insegna la storia di Peppina


Ci insegna un sacco di cose, la storia di Peppina, l’anziana signora che, ricorderete, fu sbattuta fuori di casa dalla burocrazia perché quella casa pareva fosse abusiva. Se l’era fatta costruire di fianco alla sua casa vera, lesionata dal terremoto, in una frazione di Fiastra, perché Peppina non voleva lasciare la sua terra, non voleva essere deportata, come tanti suoi concittadini, al mare. Dissero che non era giusto che lei avesse una casa abitabile mentre gli altri no, che non era giusto che lei, potendoselo permettere, rimanesse a casa sua, mentre altri dovevano andare altrove o rimediare in altro modo.
La storia di Peppina ci insegna tante cose, dicevamo. Ci insegna, prima di tutto, che l’invidia umana è spietata e implacabile. È per via dell’invidia e null’altro che Peppina ha subito tutto quello che ha subito. Ci insegna, ma di quello forse non c’era bisogno, che non bisogna fidarsi dei politici, che sono venuti in massa a farsi i selfie con l’anziana signora, promettendo soluzioni come se piovesse. Alla fine, l’unica soluzione è stata il fatto che Peppina avesse ragione.
Ci insegna che le storie valgono finchè fanno notizia, poi può succedere qualsiasi cosa, ma sui giornali non ci si va più, perché non interessa se hai da raccontare le tue ragioni, o quanto tutto questo ti sta facendo male. La notizia funziona finchè funziona. E poi ci insegna uno dei motivi per i quali la situazione è quella che è, per quanto riguarda la ricostruzione. Va bene la burocrazia, i lacciuoli, le norme contraddittorie, la politica che non decide o, meglio, decide di non decidere perché va bene così com’è, va bene la finta solidarietà, i progetti di desertificazione studiati da chissà chi e a quale livello.
Ma poi c’è la divisione dei terremotati, lo scollamento, la mancanza di solidarietà tra chi sta vivendo lo stesso dramma. Peppina ha subito cattiverie inverosimili prima di tutto da chi, per primo, avrebbe dovuto dimostrargli solidarietà, anzi, avrebbe dovuto schierarsi al suo fianco. Alla fine, la storia è finita bene: nessun abuso, tutto regolare, aveva ragione lei. Ha sempre avuto ragione lei. Ma ci sono voluti anni e un sacco di sofferenza. Una storia a lieto fine. Ma triste.

Luca Craia



Strade lasciate all’abbandono. Incidenti e danni. Le Province enti inutili. I Comuni disinteressati.


Ci vuole prudenza, per strada. Bisogna rispettare il codice, andare piano e non distrarsi. Soprattutto non distrarsi: oggi moltissimi incidenti sono causati dall’uso del telefono durante la guida. Ne abbiamo esperienza tutti, credo, di gente che zigzaga, frena, riparte, guida come fosse ubriaca e invece lo fa perché, nel frattempo, magari chatta su Whatsapp. Ma una causa degli incidenti che nessuno sembra mai considerare è lo stato del manto stradale.
La condizione della strada è fondamentale per la sicurezza. Un asfalto liso diventa scivoloso e infido con pioggia e condizioni umide. Le buche possono togliere il controllo della macchina e per le moto sono micidiali. La mancanza di segnali porta a errori di guida anche gravissimi. Ma, quando si raccontano gli incidenti, non si parla mai della condizione della strada in cui accadono.
Oggi le condizioni delle strade italiane sono pessime: buche, asfalto che non si rifà dalla notte dei tempi, mancanza di segnaletica orizzontale e verticale, e poi incroci pericolosi, semafori che funzionano male, curve cieche, secche, contropendenza che occorrerebbe correggere. La maggior parte delle strade principali è in mano all’ANAS che, evidentemente, non riesce a tenere monitorata la situazione e non effettua gli interventi che chi vive la strada quotidianamente considererebbe necessari. E poi ci sono le strade secondarie, e qui è un’ecatombe.
Le strade secondarie sono gestite dalle Province e dai Comuni. Le Province hanno pochissimi fondi da investire e, molto spesso, idee molto imprecise su come spenderli. I Comuni i fondi li avrebbero, ma lì vale la politica dell’apparire, si è sempre in campagna elettorale e si preferisce investire in opere vistose, spesso inutili, piuttosto che mettere in sicurezza e mantenere la viabilità comunale. Il risultato è che le strade italiane sono diventate pericolosissime, tra fondi esauriti, situazioni di pericolo, mancanza di segnaletica e cantieri aperti e mai terminati.
La strada deve essere un luogo sicuro. È inutile progettare vetture sempre più avanzate in termini di sicurezza passiva se poi debbono percorrere strade piene di buche, con asfalto viscido, con curve pericolose e incroci da suicidio. La strada deve essere ideata per evitare l’errore il più possibile, non per causarlo, deve prevenirlo, non accentuarne gli effetti. Serve una politica seria per la sicurezza sulle strade e servono investimenti importanti. Data la qualità della politica e la propensione a produrre fuffa, la vedo davvero dura.

Luca Craia